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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via Portico d’Ottavia (R. XI – Sant’Angelo) (da via di Monte Savello a piazza del Progresso)

La fondazione originale del portico risale al 147 a.Ch., quando Q. Cecilio Metello Macedonico, pensò di circondare con un portico i due templi di Giove Statore e Giunone Regina che erano stati eretti, rispettivamente, dallo stesso Metello nel 148 e da M. Emilio Lepido censore nel 178 a.Ch..

Dice Velleio Patercolo (19 a.Ch-31 d.Ch.) che:  “Hic idem primus omnium Romae aedem ex marmore in iis ipsis monumentis molitus, vel magnificentiae vel luxuriae princeps fuit”. [1].

Augusto infatti ricostruì il portico più per lusso che per necessità affidandone la parte decorativa ai due artisti Laura e Batrachos (I sec. a.Ch.) che eseguirono l’opera gratuitamente, sperando di veder inciso il loro nome sul monumento.
Non avendolo ottenuto, scolpirono nelle spire delle colonne una lucertola (saura) ed una rana (Batrachos) riuscendo così a tramandare ai posteri il loro nome.

Dedicato a sua sorella Ottavia, il “Porticus Metelli” fu detto “Porticus Ottaviae[2] e poiché a nord-est confinava con quello di Filippo, sulla “Forma Urbis” è indicato “Porticus Octaviae et Philippi”.

La “Aedes Jovi” era esastila, con portico circondante la cella per tre lati e cella di pianta lunga e stretta; la “Aedes Junonis” pure esastila, mancava del periptero ed aveva la cella quasi quadrata, preceduta da un ampio pronao; dietro i due templi era un recinto limitato da una specie di abside che si apriva a contatto dei templi.

Il portico occupava un’area di metri 118 di fronte (propilei formati da due tetrastili a giorno, uniti da due muri trasversali e sormontati da frontoni marmorei) per metri 135 di lato, così che occupava tutta la piazza Campitelli.

Il colonnato, riedificato da Augusto, era coperto da un tetto a due spioventi e aveva agli angoli quattro archi, semplici o a più fornici, per lasciare il passaggio in tutti i sensi, l’arco nord cadeva proprio dinanzi alla chiesa di Santa Caterina dei Funari; gli archi sud ed ovest si trovavano sulla linea della via del Teatro Marcello e della via del Portico d’Ottavia, dove si innalzavano ancora quattro colonne corinzie, per due terzi interrate. (forse del portico estremo del circolo Flaminio?).

Il portico, nel 205 fu quasi interamente ricostruito perché: “incendio corruptus”; infortunio che già aveva subito nell’80, per cui dovette essere riparato da Domiziano.

Grande era la magnificenza dei templi di Giove e Giunone che ebbero scambiate le statue degli Dei, giacché nel collocare i due simulacri, a lavori finiti, i portatori si sbagliarono e posero la statua di Giove entro il tempio di Giunone e viceversa.
Per questo, una pittura e vari oggetti, che si riferivano al culto femminile, esistevano nel tempio di Giove.
L'errore accadde, sembra, perché sul fastigio dei templi non v'era alcuna iscrizione, e fu mantenuto, perché gli auguri dissero essere questa la volontà degli Dei.

Nel lato opposto ai propilei erano due biblioteche, latina e greca e una “Schola” per adunanze, detta anche “Curia” per qualche riunione tenutavi dal Senato.

Il tempio di Giove è completamente scomparso, dell’altro, di Giunone, sono rimasti degli avanzi superstiti [3].

Nella porta interna del propileo meridionale del portico d’Ottavia, fu istituito nel medioevo l’unico mercato del pesce esistente in Roma [3bis].
Solo dopo qualche secolo, ne vennero collocati altri in punti diversi della città [4], ma quello del portico restò il mercato grande o vecchio; il sabato, anzi, era l’unico aperto, ed è da esso che venivano riforniti gli altri mercatini, dopo una pubblica asta.

Questo incontro era detto “cottio” = quotio derivante del “quot, quoties” cioè quotare, quotizzare, quoziente.

Un bando del XV secolo dice: “In primis che qualuncha persona conducesse in Roma, tancto de nocte quanto de die tanto in Sancto Angelo, quanto in qualuncha altro luoco, pescie da qualuncha generatione, in prima che scarchi esso pescie lo debiano conducere et scaricare in nelle parete del Sancto Agnilo, et esso pescie lo debbiano cotiare overo far cotiare a la pena di XXV libre da applicare per mità alla Camera e l'altra mità a lo extraordinario, et simile pena siano tenuti ad pacare quelli li quali receptassino esso pescie nello loro case[5].

Le “prete”, ch’erano lastre di marmo appartenute certo a monumenti vicini e che servivano da mostra, appartenevano a famiglie nobili e venivano prese in affitto dai venditori, che però non potevano locarne più di una ciascuno (anche i nobili, del resto, non ne potevano possedere di più).

Sul muro che sorregge l’arcata, che occupa la metà di destra del propileo e che tiene il posto di due colonne abbattute, v’è una piccola lapide che, nel 1706, ha sostituito un’antica lapide, che stabiliva il diritto dei Conservatori di avere la testa dei pesci pescati, “della lunghezza di cinque palmi e un'oncia” [6] come “la misura marmorea che è nella prima sala dei Conservatori in Campidoglio sin dal 1581”.

Privilegio trasferito in parte da Urbano VIII (Maffeo Barberini - 1623-1644) in favore del nipote Taddeo che ne godeva, per i pesci pescati nelle sue proprietà, e che, abolito alla morte del Pontefice, restò ai Conservatori [7] fino all’avvento della Repubblica del 1798-1799 e mai più ristabilito.

Privazione compensata  poi  da  Pio  VII  (Barnaba Niccolò Chiaramonti - 1800-1823) con l’assegnare a ciascuno di essi una dote fra quelle ricavate dai proventi del gioco del Lotto.

Nel portico vi fu edificata nel secolo VIII una chiesa, come risulta anche da una lapide con inciso un catalogo di  reliquie da venerare che porta la data dell’anno 770, sotto Stefano III (768-772). Un’altra lapide  attribuisce a Theodotus [8] la restaurazione della chiesa e lo qualifica come:“Theodotus Holim Dux Nunc Primicerius Sancte Sedis Apostolicae et Pater Huius Venerabilis. Diaconiae...A Solo Edificavit Diaconia Pro Intercessione Animae Suae et Remedium Omnium Peccatorum”.

Nel Medio Evo fu chiamata “in foro piscium[9] e, durante il XII secolo, Sant’Angelo “iuxta templum Iovis”, giacché il portico era detto volgarmente “basilica Iovis”.

In origine fu dedicata all’apostolo Paolo ed è ricordata come diaconia da Pietro Mallio (1153-1183).

Oggi la chiesa di Sant’Angelo in Pescheria ha la campana  maggiore con un’epigrafe del 1291: ”Ann. MCCXCI Ad Honorem Dei et B.V.M.V. et S.Angeli. Mentem sanctam Spontaneam Honorem Domini et Patriae Liberationem Dominus.Rodulphus De Sabello Fecit Fieri Hoc Opus. De Dottis Me Fecit[10].

L’erezione da parte di Teodato deve però ritenersi come un rifacimento giacché la chiesa si crede che esistesse dal tempo di San Silvestro I (314-335) che l’avrebbe consacrata “nel sito del circo Flaminio” e detta perciò “in summo circo

Dal liber pontificalis, si rileva che fu riedificata da San Simmaco (498-514) ed elevata a diaconia da San Gregorio Magno (590-604).
Dopo l’apparizione di S. Michele sul monte Gargano, Bonifacio II (530-532) l’avrebbe intitolata all’Arcangelo.

Cola di Rienzo “fece pegnere nello muro de S. Agnolo Pescivennolo (lo quale è luoco famoso in tutto lo munno) una figura simbolica con un Angelo che usciva dalla Chiesa ed altre”.

Fu da questa che partì, al suono della campana ad “Patrie Liberationem”, Cola di Rienzo per conquistare il Campidoglio: “Era la fine de lo mese d'aprile (1347). Alhora Cola di Rienzo la prima die mannao lo Banno a suono de tromma, che ciascun homo senza arme venesse a lo buono stato a lo suono de la campana. Lo seguente die, là da miesa notte, odìo 30 Messe dello Spirito Santo, ne la Chiesa di Santo Agnolo Pescivendolo. Là su l'ora de miesa Tierza jesci fora bene et palese. Moltitudine de guarzoni lo sequitavano, e tutti gridanti. Devanti de se fascevase portare da tre buoni homini de la detta conjuratione tre confaloni. Lo primo confalone fo  grannissimo, roscio, co lettere d’auro, ne lo quale stava penta Roma, e seda sopra dao lioni, e’n mano tenea lo Monno e la Palma. Questo era lo confalone de la Libertate. Cola Guallato, lo buono dicitore lo portava. Lo secunno era bianco, ne lo quale stava Santo Pavolo con la spada in mano, co la corona de la Justitia. Questo portava Stefaniello ditto Magnacuccia, Notario.
Ne lo tierzo stava Santo Piero co le chiavi de la Concordia e de la Pace. Altro portava un altro confalone, lo quale fò de Santo Fuorio Cavalieri (San Giorgio). Perché era veterano (lacero) fò portato in una cassetta sopra de un’hasta
” (quest'ultimo gonfalone, riparato, è conservato adesso nell’appartamento Borgia in Vaticano).

L’archivio della Chiesa, unico in Roma,  conserva documenti che rimontano al 1217. Fra  gli  altri  v’è  l’istrumento  autentico  stipulato,  nel  secolo  XIV,  fra  i Cardinali, il Senato e i Caporioni di Roma, relativo alla chiusura delle teste dei santi Pietro e Paolo [11] nei busti d’argento, che vennero in quell’epoca collocati nella basilica Lateranense. Oggi però l’archivio si trova presso la sede capitolare, in San Lorenzo in Lucina.

Parecchi restauri ebbe la Chiesa, il più importante fu quello fattovi nel 1611 dal titolare cardinale Andrea Baroni Peretti Montalto (1572-1629). Dal cardinale Francesco Barberini (1597-1679) fu decorato il soffitto e nel 1821 il tempio, che minacciava rovina, fu restaurato da Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaramonti - 1800-1823) [12].

Nel 1864 lo restaurò anche Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti - 1841-1878). In quell’occasione fu scavata porzione dell’area, per mettere in luce le colonne intere con le rispettive basi; scomparvero così le costruzioni che nascondevano il monumento.
L’intera area del propileo fu scavata fino all’antico piano, che in parte si trovò coperta di grosse lastre di marmo greco, sopra le quali qua e là esistevano le tracce di più minuto pavimento di opera alessandrina, appartenente forse al restauro di Settimio Severo (193-211), o più probabilmente all’antica chiesa dedicata all’apostolo Paolo.

La mattina del 22 aprile del 1928 buona parte del soffitto rovinava, lasciando intatto solo un terzo della superficie, verso l’abside. La chiesa che è ora proprietà del capitolo di S. Michele Arcangelo, in San Lorenzo in Lucina, è officiata dai chierici regolari minori di San Francesco Caracciolo, che hanno provveduto a farla ricoprire con un soffitto travicellato e disadorno.

L’ultima casa, verso l’attuale Piazza del Progresso, della Via del Portico d’Ottavia è quella fabbricata da Lorenzo Manili che ha ricorrente sulla fronte dell’edificio, una larga fascia marmorea che dice: “2221 (1467) ab Urbe Roma in pristinum formam renascente” e continua ricordando che Lorenzo Manili, a seconda delle sue possibilità, volle concorrere  all’ornamento della città.

Sulle mura esterne incassò frammenti di antiche strutture e vi incise il suo nome latinizzato “Lauretivs Manlivs”, mentre sulle finestre del lato di Piazza Costaguti scrisse “Have Roma”.

I Manili, che ebbero una casa anche in via Corte Savella (via Monserrato), erano ricchi mercanti e fra essi vi fu Cesare Manili, celebre medico nei primi del ‘500.

Sulla piazza Giudea [13], Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) “fece la fontana avanti il portone degli Ebrei[14] con due draghi dalle cui fauci cadeva l’acqua vergine nella grande vasca e da questa per mezzo di conchiglie, aventi in rilievo il candelabro ebraico a sette bracci, l’acqua scendeva in due abbeveratoi più bassi, posti ai lati.

Paolo V (Camillo Borghese - 1605-1621), con qualche modifica, la fece alimentare dall’acqua del Lago di Bracciano e vi pose una lapide che ricordava che “Paulus V Pont. Max. – Aquam ex agro brachiensi – In vertice monti aurei – Sua magnificentia deductam – ad Hebreorum inopiam sublevandam, Hunc in locum duci concessit – Anno Domini MDCXIV Pont. Sui X".

La  fontana,  rimpicciolita  da  Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili - 1644-1655), fu poi trasportata al largo Cenci ed al suo posto ne fu eretta un’altra per ordine dei Conservatori che, nella sistemazione stradale del ghetto e per il suo stato di erosione, fu interrata sul posto.

Solo nel 1930, dopo che una parte di essa era stata dissotterrata e posta in opera nel portico di Sant’Onofrio, nel 1924, fu poi totalmente recuperata e ricomposta da Luigi Pernier nella piazza del Progresso (attuale Piazza delle Cinque Scole).

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[1] )            Velleio afferma che Metello “fu il primo a Roma a dare esempio di magnificenza e di lusso con l’innalzare un tempio di marmo tra gli stessi monumenti”.

[2] )            Vi è stata rinvenuta la Venere dei Medici che, contro il parere di Catone, v’era stata collocata.

[3] )            Nella cantina di una casa in Via Sant’Angelo in Pescheria.

[3bis] )        Nella Roma antica il “Forum Piscatorium” era situato là dove oggi sorgono la chiesa di San Giorgio in Velabro e l’arco di Giano, tra il “Foro Boario” (piazza della Bocca della Verità) e il “Foro Olitorio” (chiesa di San Nicola in Carcere). Nel 210 a.Ch. è segnalato un incendio che distrusse il Forum Piscatorium che, incamerato nel “Macellum” della Suburra (179 a.Ch.), fu soppresso quando, al suo posto, fu costruito il Foro di Nerva, ai Fori Imperiali (97 d.Ch.).
La commercializzazione del pesce avvenne, in seguito, nelle piccole pescherie sparse nella città, fino al XII secolo, quando l’amministrazione capitolina creò un “Mercato grande del pesce” fra le rovine del Portico di Ottavia.
Gli attori di questo mercato erano i Pescatori che apportavano il pesce e i “Cottiatori” che erano incaricati di vendere il pesce al pubblico incanto.
L’importanza e la forza dell’Università dei Pescatori a cui inizialmente appartenevano le due categorie, si può misurare dal fatto che ogni anno all’antivigilia di Natale si svolgeva il “Cottio” una vendita all’incanto accompagnata da una vera e propria coreografia basata sui colori e la foggia dei costumi tradizionali dell’Università dei Pescatori” indossati per l’occasione e questo aveva sempre un gran successo di pubblico.
Nel 1821, si realizzò un secondo mercato del pesce a Piazza delle Coppelle, dietro la chiesa di San Salvatore.
Nel 1880, il mercato del Portico d’Ottavia fu sostituito da quello prossimo alla chiesa di San Teodoro, ai piedi del Palatino.
Tra il 1915 ed il 1921, si svolsero i lavori per la costituzione dei “Mercati Generali” sulla via Ostiense, fuori Porta San Paolo. Il mercato del pesce vi si trasferì nel 1927.

[4] )            Nel XVIII secolo v’erano: Pescaria, Rotonda, Panico, S. Maria dei Monti, Piazza Madonna di Loreto alla colonna Traiana, Piazzetta e vicolo degli Otto Cantoni, Piazzetta della Scrofa verso l’osteria della Campana, Piazza ponte S. Angelo, Piazza ponte Sisto, passato il ponte e Piazza Campo dei Fiori.

[5] )            Un altro bando del maggio 1447 provvedeva all’igiene: “Che non vi sia nullo pescivendolo de qualunque condictione se sia, che se accocti de vendere ne far vendere nullo pesce fracido o vero puzzolente, pubblicamente né nascosto, alla pena da perdictione de dicto pesce et de libre 10 da tollere et applicare”.

[6] )            Uno storione di 140 libbre fu pescato nel 1668 e donato a Clemente IX. Questi lo mandò “al conestabile Colonna; il conestabile lo mandò all'oratore Veneto, l'oratore Veneto all’Emo Ottoboni, questo alla regina Maria Cristina di Svezia, che giudicandolo boccone da Papa di nuovo glie lo fece presentare. Veduto Sua Santità ritornato a casa, fatta una solenne risata: oh come bene habbiamo donato senza donar cosa alcuna! esclamò”.

[7] )            Il 1661 agosto 6 - Editto dei Conservatori di Roma, col quale "si vieta di cottiare e tagliare la testa ai pesci senza l'intervento dei Ministri del Campidoglio in conformità alla disposizione statutaria, la quale dispone che essa spetta ai Conservatori stessi". (Archivio Capitolino, credenza VII, T2, pag. 214)

[8] )            Era lo zio di Adriano I (772-795).

[9] )            Il rione Sant’Angelo era chiamato “Sant’Angelo in Foro piscium

[10] )          Il campanile crollò nel 1620. Era a due piani e fu temporaneamente sostituito da uno semplice a vela. Fu ricostruito verso il 1870 in una posizione diversa da quella del primitivo campanile.

[11] )           Martino V (Oddone Colonna - 1417-1431) si fece appunto seppellire, al Laterano, ai piedi dell’altare in piena terra, e fu solo due anni dopo che il fratello del Donatello, Simone, “fece di bronzo la sepoltura di papa Martino”. Nella ricognizione del febbraio 1853, lo scheletro del pontefice era fra la terra senza traccia di vestimenti e di preziosi, con i piedi in direzione dell’altare e cioè in direzione opposta a quella del rilievo di Simone.

[12] )          Dal libro dell’archivio capitolare (1533): “Parochia S. Angeli habet novem stratas publicas. 1a - via est ab ecclesia S. Angeli quae tendit directe ad plateam turris melangoli. 2a - via est ab ecclesia S. Angeli versus ecclesiam S. Maureni Cumpletio usque ad domus inclusive DD Gregorii de Serlupis et heredum Iordani de Serlupiis. 3a - via tendit directe ad monasterium turris speculorum. 4a - via incipit a porta parva S. Angeli versus plateam montanariam, ubi est  taberna  catene  et  domus   de  Vallatis et illorum de Rusticis ubi fit furnus.  5a - ab  anglo  porticus  S. Angeli versus plateam Montanariam ubi est domus illorum de Matteis. 6a - via incipit a platea magna dicte ecclesie et scendit versus flumen ubi est domus illorum de Bondiis, ubi est viculus qui ducit ad flumen et e directo a pede S. Angeli versus pontem quatuor capitum usque ad angulum inclusive  domus  de  ecclesie  a manu dextra posite et ab alio latere et manu sinistra domus cappelle S. Laurenti de Vallatis. 8a - via est a monte Palatii Sabellorum versus plateam Mercatelli usque ad domum in quadam plateola que est heredum Cole Petrucii de Castrofoli. 9a - via ab anglo porticus dicte ecclesie versus pizzicarolos usque ad angulum domus de Fabiis inclusive ubi est viculus qui ducit ad monasterium S. Ambrosii de Maxima.

[13] )          Presso Piazza Giudea, dal lato di Piazza delle Tartarughe, v’era la chiesetta distrutta, nel 1657, per il motu proprio di Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-1667) del 23 novembre, chiamata San Salvatore “De Baronchinis, de Baronchin, Baroncinorum e San Salvatorello”.
Nel XV secolo vi furono pure eseguite sentenze capitali e nel XVI secolo, circa la metà, vi fu trasferito il locus iustitiae che stava sul Monte Caprino.

[14] )          Codice Sessoriano  334, pag.129 : « Ottobre 1588 – Si fece la fontana in piazza Giudea ». La strada, da piazza Giudea al Portico d’Ottavia, era la “Ruga Judeorum” (Rua).

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Via del Portico d´Ottavia
- Casa di Lorenzo Manilio
- Il Portico d’Ottavia
- Largo 16 ottobre 1943
- Via S. Angelo in Pescheria
- Via del Foro Piscario

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