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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via_di_S_Ambrogio-Chiesa_di_S_Ambrogio

La tradizione narra che il monastero di “Sanctae Mariae de Maxima”, che si reputa fondato da Santa Marcellina, sorella di Sant’Ambrogio, avrebbe preso il predicato “de Maxima” dal vicino “Porticus Magnum” [opera (379-383) degli imperatori Graziano (375-383), Valentiniano (375-392) e Teodosio (379-395)]. Il portico conduceva, con ogni tempo, i pellegrini alla basilica di San Pietro. La primitiva chiesa di Sant’Ambrogio doveva ragionevolmente trovarsi all’interno di questo monastero.
La prima citazione conosciuta della chiesa risale a Leone III (795-816). Nel “Liber Pontificalis” è scritto che questo papa donò alla chiesa un canestro d’argento del peso di due libre. Nel XII secolo il monastero era affidato a suore Benedettine.
Il catalogo di Torino (c.1320) dice “Monasterium sancte Marie de Maxima habet moniales XII.” (Si tratta ancora di suore Benedettine).
La scarsa documentazione disponibile non permette di identificare con precisione i diversi momenti di restauro o ristrutturazione della chiesa dal IX al XIII secolo. Unico testimone di quell’epoca il pavimento cosmatesco, firmato da “Jacobus fecit hoc opus” che indica il rifacimento della pavimentazione nel XII secolo.
Tra il XV e il XVI secolo, la chiesa fu ingrandita, sembra, inglobandone un’altra, adiacente,  quella di Santo Stefano de Maxima, mantenendo la dedica a Sant’Ambrogio, ma dedicando una cappella a Santo Stefano che è stata mantenuta fino ad oggi.
Tra il 1606 e il 1634, la chiesa fu riedificata, su commissione della Badessa delle Benedettine del convento, Beatrice de Torres e di suo fratello, il cardinale Ludovico de Torres (1551-1609), affidando l’opera ad Orazio Torriani (1578-1657) e, per la facciata, a Carlo Maderno (1556-1629), che la realizzarono, così come la vediamo oggi.
Nel 1810, le suore Benedettine furono espulse dall’occupante francese e raggiunsero quelle del convento di Santa Maria in Campo Marzio e nel 1814 furono sostituite dalle suore Clarisse.
Nel 1861, nel convento furono introdotti, da Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti – 1846-1878), i frati Benedettini di Subiaco in sostituzione delle suore Clarisse, ree di “culto illecito” nei confronti della Badessa Maria Agnese Firrao (1774-1854), che era stata reputata, dal Santo Uffizio, “falsa mistica” e allontanata dal convento nel 1816.
Il malcostume, nel convento, perdurò anche dopo l’allontanamento della fondatrice e quindi il convento fu soppresso e le suore disperse, nel 1859.
Nel 1861, l’abbate benedettino Pietro Francesco Casaretto (1810-1878), fondatore della Congregazione sublacense dell'Ordine di San Benedetto, aprì un collegio (1861), detto di Sant’Ambrogio, per la formazione dei giovani missionari, di cui Casaretto fu reggente nel quadro delle azioni di Propaganda Fide e che chiuse le sue porte nel 1883.
Nel 1862, la facciata del Maderno presentò gravi problemi di distacco dal corpo della chiesa cui lo stesso Casaletto portò rimedio. Con l’occasione di questi lavori trasformò il coro delle suore in sacrestia e creò una galleria sopra l’ingresso.
Dopo il sequestro del convento, nel 1873, i frati Benedettini riuscirono ad ottenere la restituzione della chiesa e di parte del convento dove, per mancanza di spazio, si insediò solo il “Procuratore” dell’Ordine presso la Santa Sede ma, nel 1946, i monaci riuscirono a avere in affitto, dal Comune di Roma, una ulteriore parte del convento per potervi insediare la Curia Generalizia dell’Ordine che fino ad allora era rimasta presso l’abbazia di Subiaco. Il Comune di Roma affittò la parte restante come civile abitazione.

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