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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza_S_Eustachio-Chiesa_omonima (2)

Sotto Stefano II (752‐757), si parla anche di un ospedale per l’assistenza dei malati poveri, mentre, nel 795, Leone III (795-816) donò alla chiesa una veste sacerdotale tramata d’oro (vestem de fundato) e una “coronam argenteam pensantem libras VI, uncias V”, cosi come Gregorio IV (827-844), nell’827, donò una “vestem de fundato”.
Non si sa molto di più, anche perché l’archivio della chiesa fu distrutto dall’inondazione del Tevere del 1598.
Da una causa intentata contro l’abate del monastero di Farfa, nel 958, si desume che la chiesa fosse gestita da una collegiata di sacerdoti secolari.
La chiesa subì restauri nell’VIII secolo, sotto Stefano III (768-772) e nel X secolo, sotto Gregorio V (Bruno von Kärnten – 996-999).
Celestino III (Giacinto Bobone Orsini – 1191-1198),  nel 1196, fece ristrutturare la chiesa, a tre navate, con tre cappelle per lato, con pavimentazione cosmatesca, aggiungendo l’attuale campanile e facendo trasportare le reliquie del Santo, per l’adorazione delle quali fece costruire una cripta semicircolare, sotto l’altare maggiore.
Celestino III riconsacrò la chiesa che aveva una casa contigua per ospitarea il collegio di sacerdoti che la amministravano. La chiesa era dotata di un piccolo portico, oggi perduto (descrizioni ritrovate in un documento del 1406 e riconsacrazione sancita in una lapide coeva, ancora esistente).
A questa chiesa si legò la nobiltà romana ed in particolare i conti di Tuscolo (famiglia che ebbe cinque papi regnanti dal 955 al 1048) che eressero il ciborio dell’altare maggiore, sul quale si leggeva “Ottonellus hoc opus fieri iussit cum Maria sua coniuge in redemptionem animarum suarum” (dove Ottonellus sembra essere stato identificato dall’Armellini come figlio di Romano conte di Tuscolo).
Nel 1303, Bonifacio VIII (Benedetto Caetani – 1294-1303) aveva istituito, una scuola di diritto, medicina, filosofia, matematica e grammatica, sotto il titolo di “Studium Urbis”, nel rione Trastevere.
Eugenio IV (Gabriele Condulmer – 1431-1447) con la donazione di una casa (1433), appartenente ai monaci di San Paolo, sita proprio dove oggi sorge la Sapienza, avrebbe provocato il trasferimento definitivo della Sapienza nel rione Sant’Eustachio.
La chiesa di Sant’Eustachio fu, da allora, la cappella dell’Università, dove venivano impalmati i dottorandi, alla fine dell’escursus accademico, e dove si svolgevano tutte le cerimonie ufficiali dell’ateneo, fino alla costruzione di Sant’Ivo, nel 1660.
Clemente VIII (Giulio de' Medici - 1592‐1605), fece sopraelevare la chiesa per preservarla dalle inondazioni del Tevere.
Nonostante questo, la chiesa medievale fu ricostruita, a partire dal 1650, sotto Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili – 1644-1655), in considerazione delle sue precarie condizioni di stabilità.
Cesare Crovara (+1703), incaricato del progetto, che prevedeva una navata unica con tre cappelle per lato, seguì i lavori dal 1701 alla sua morte. Fu sostituito da Giovan Battista Contini (1642-1723), autore delle cappelle laterali e del portico.
Dopo la morte di quest’ultimo, i lavori ripresero nel 1727, con la costruzione dell’abside e del transetto, ad opera di Antonio Canevari (1681-1764), quindi di Nicola Salvi (1697-1751).
La nuova chiesa fu consacrata nel 1734, sotto Clemente XII (Lorenzo Corsini – 1730-1740), ma i lavori in legno, nella sacrestia e nel coro, proseguirono sui disegni di Antonio Canevari (il falegname si chiamava Giovanni Moscati).
Nel 1855, fu rifatto il pavimento dall’architetto Filippo Martinucci (+1862) e fu consolidata la cripta, che non era agibile grazie alla persistente umidità.
Ancora nel 1861 furono operati alcuni restauri da Filippo Cretoni e da Carlo Ruspi (1798-1863), rispettivamente per gli stucchi interni e per i dipinti.
Altri interventi tra il 1930 e il 1940, tra cui la decorazione della cappella del Sacro Cuore, ad opera di Corrado Mezzana (1890-1952), che modellò anche i confessionali del transetto.
La chiesa è titolo cardinalizio ed ha cessato di essere parrocchia alla fine del XIX secolo.

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