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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza_delle_Coppelle-Chiesa_di_S_Salvatore (2)

Della leggenda di Santa Abbasia si parla in una lapide del XIII secolo (scomparsa), riportata in un Liber Visitationum del 1574 ma, soprattutto, è detto come la chiesa fosse retta da quella “Romana Fraternitatis” (archisacerdos) esistita a Roma dal XII al XIV secolo, formata dai parroci della città, presieduti da dodici “Rettori”, il cui primicerio era il parroco della Chiesa di San Tommaso ai Cenci (vedi Piazza de’ Cenci – Regola).
Forse per la vicina esistenza di un arco di Traiano (distrutto nel XV secolo), probabilmente posto dove oggi è la fontana in piazza della Rotonda, riproducente, in basso rilievo, la scena di una madre genuflessa, davanti all’imperatore, per impetrare il perdono per il figlio condannato a morte. La chiesa era chiamata, in origine, “San Salvatore della Pietà”.
Dante (1265-1321), che vide l’arco in questione, ne parla nella divina commedia: “i’ dico di Traiano imperatore; e una vedovella lì era al freno, di lacrime atteggiata e di dolore” (Purgatorio,  X – 73-78).
Nel XII secolo la chiesa di San Salvatore assunse il predicato “alle Coppelle” dai fabbricanti di “cupe” (botti da 5 litri) che tenevano le loro botteghe in quella contrada.
La nostra chiesa entrò nella storia con una lapide, ancora esistente nel suo interno (vedi lapidi), dalla quale risulta che la chiesa sia stata consacrata da Celestino III (Giacinto Borbone Orsini - 1191-1198) nell’anno 1195, il che non esclude che questa possa essere esistita già in tempi più antichi e che, caduta in disuso per il suo estremo degrado, Celestino III l’abbia riconsacrata dopo averla solamente ristrutturata, aggiungendovi il campanile (che si vede ancora oggi).
Infatti, nell’elenco (1192) di Cencio Camerario (1150-1227), la chiesa non è citata, mentre il codice di Torino (1320) la riporta dicendo: “Ecclesia sancti Salvatoris de Capellis habet V clericos”.
Nel 1404, la chiesa, con funzioni di parrocchia, fu concessa da Innocenzo VII (Cosma Migliorati – 1404-1406) all’Università degli Orefici, dei Ferrari (Fabbri) e dei Sellai.
Gli Orefici ed i Ferrari si separarono dai Sellai e fondarono una propria università nel 1416, ed, in seguito, gli Orefici si separarono dai Ferrari (1508) costruendo una propria chiesa (1516), Sant’Eligio degli Orefici a Regola (vedi via di Sant’Eligio – Regola), mentre i Ferrari, nel 1513, ne costruirono una loro: Sant'Eligio dei Ferrari a Ripa (vedi via di S. Giovanni decollato – Ripa). I Sellai rimasero a San Salvatore delle Coppelle per altri tre secoli, fino al 1740, quando anche loro ne costruirono una propria: Sant’Eligio dei Sellai, in piazza della Gensola, a Trastevere (demolita nel 1902).
Nel tardo  medioevo la parrocchia ospitava anche la confraternita dei Locandieri e quella dei Guantari, che si occupavano delle due cappelle laterali che fiancheggiano l’altare maggiore.
Nel 1739, sotto Clemente XII (Lorenzo Corsini – 1730-1740), la chiesa fu ristrutturata ed i lavori terminarono in tempo per il Giubileo del 1750, sotto la direzione dell’architetto Carlo De Dominicis (1696-1758). Finanziatore del restauro il cardinale Giorgio Spinola (1667-1739) che fece posizionare il suo monumento funebre nella navata laterale sinistra (Vedi il monumento in: Chiesa di San Salvatore alle Coppelle – Sant’Eustachio).
Nella ristrutturazione fu conservato il campanile del XII secolo e, probabilmente, le absidi a lato dell’altare maggiore, dato che, nel tempo, queste hanno rivelato tracce degli affreschi della chiesa primitiva.
Nel 1633, mons. Mario Fani aveva fondato la confraternita del SS. Sacramento della Divina Perseveranza, che prese sede nella nostra chiesa nel 1750, in occasione del Giubileo.
La confraternita aveva il compito di assistere gli ammalati stranieri alloggiati nelle locande romane, mentre era compito degli albergatori di denunciare la presenza di eventuali malati, introducendo un biglietto da porre nella buca apposita che era, ed è, sul fianco della chiesa.
Nel 1794, un editto rese obbligatoria questa pratica, per gli albergatori, prevedendo delle sanzioni, per cui l’opera della Confraternita divenne, a tutti gli effetti, un servizio pubblico.
Nel quadro della riforma delle parrocchie di Leone XII, con bolla “Super Universa”, la nostra chiesa cessò di essere parrocchia.
Nel 1849, è segnalata la fusione di una campana, del XV secolo, per la difesa della Repubblica Romana.
Un pesante restauro fu condotto nel 1850, il quale portò alla distruzione degli affreschi medievali delle pareti della chiesa ed alla sostituzione delle colonne antiche con pilastri in muratura.
Nel 1914, Pio X (Giuseppe Sarto – 1903-1914) donò la chiesa al vescovo Vasile Hossu (1566-1616), prelato cattolico di rito bizantino della diocesi di Cluj-Gherla in Romania, che operò per farne il riferimento romano dei Rumeni cattolici a Roma, che seguono il rito greco-cattolico rumeno.
I cattolici Rumeni presero possesso della chiesa, solo dopo la prima guerra mondiale e dovettero adattarla e restaurarla per renderla conforme al rito bizantino. Solo nel 1920 essa fu consacrata dal vescovo Valeriu Traian Frenţiu (1875-1952).
La chiesa č tutt’ora la Chiesa nazionale Rumena a Roma

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