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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via_di_S_Balbina-Chiesa_di_S_Balbina

La sala absidata, occupata dalla basilica, con finestre e pareti articolate in nicchie rettangolari e semi circolari, per datazione di parte della muratura che la compone (opus vittatum), dovrebbe essere stata edificata nel IV secolo, in un ampliamento della domus originale, a cura di qualche suo successivo proprietario.
Questa sala fu convertita nel “Titulus Balbinae”, la santa martire decapitata sotto l’imperatore Adriano I (117-138), in un tempo precedente quello del primo documento che la cita, il sinodo di Gregorio I (c.540-604) del 595. Forse quindi agli inizi del VI secolo.
Nell’VIII secolo, sono registrati interventi di Gregorio III (731‐741) e di Leone III (795‐816) per lavori riguardanti la riparazione del tetto e, probabilmente, del mosaico nel catino dell’abside che non arriverà fino ai nostri giorni.
Il monastero adiacente alla basilica che aveva anch’esso sfruttato la “domus” romana, per le sue fondazioni, fu fortificato dai monaci a causa dell’insicurezza dovuta all’epoca (invasioni barbariche e frequenti scorrerie di eserciti stranieri) ed al luogo isolato. Della fortificazione resta la “Torre ferrigna”, su un angolo del monastero.
Come altri monasteri, in quel periodo, anche il nostro sembra essere stato officiato da monaci di rito greco fino all’XI secolo, quando la proprietà del complesso passò al monastero di San Paolo Fuori le Mura, condotto dall’Ordine Benedettino.
Tra l’XI e il XII secolo sembra che monastero e basilica siano stati progressivamente abbandonati.
Nel XII secolo crolla l’abside della chiesa e si perde il mosaico del catino.
Nel catalogo dell’Anonimo di Torino (c.1320), la chiesa è chiamata ”Ecclesia sancte Balbine titulus presbiteri cardinalis habet fratres sancti Guillelmi X”, in seguito affidata ad un “ramo” dell’albero Benedettino.
Nel 1489, fu restaurata dal cardinale Marco Barbo (1420-1491), nipote di Paolo II (Pietro Barbo - 1464-1484), che ne riparò il tetto, ed ancora “risanata” da Pio  IV (Giovanni Angelo Medici - 1559-1565) che probabilmente vi aggiunse il portico.
Pio V (Antonio Michele Ghislieri – 1566-1572) intervenne sulla stabilità dell’edificio (1571), chiudendo il massimo di aperture possibile, così che le sei finestre per parte della navata centrale furono ridotte a tre. Furono chiuse le quattro finestre dell’abside e le tre finestre della controfacciata, divennero tre piccoli oculi. Anche il maggior  numero di nicchie, all’interno della chiesa, furono chiuse ed il pavimento rialzato di 40 cm..
Nel 1590, sotto Sisto V (Felice Peretti – 1585-1590), il cardinale Pompeio Arrigoni (1552-1616), sostituì le colonne del portico con pilastri in muratura.
Nel 1597, sotto Clemente VIII  (Ippolito Aldobrandini – 1592-1605), il cardinale Pompeo Arrigoni (1552-1616), titolare, commissionò al pittore Anastasio Fontebuoni (1571-1626) l’affresco dell’abside con una scena dal titolo “Gloria di Santa Balbina”.
Nel 1698, il complesso fu concesso alla Congregazione Pii Operai Catechisti Rurali, perché ne facesse la sua  sede romana, ma nel 1798, questa si spostò definitivamente a San Giuseppe alla Lungara. Durante il loro passaggio, l’antico “altare a cippo” fu sostituito da un altare barocco.
In quell’anno (1798), le forze occupanti francesi sequestrarono la proprietà e solo nel 1813, il Capitolo di San Pietro poté rientrarne in possesso. Seguì un restauro della chiesa e del monastero, dove fu installato il Pontificio Istituto Agrario per fanciulli abbandonati, il complesso si trovava allora in piena campagna, coltivata a vigna.
Nel 1854, il monastero fu ampliato (fu allora che venne abbattuto il campanile perché pericolante) per ricevere un riformatorio per minorenni, gestito dai  Fratelli di Nostra Signora della Misericordia, mentre, nel 1885, il monastero fu adattato per ospitare l’Istituto di Santa Margherita da Cortona, che aveva come scopo di appoggiare le “donne peccatrici ravvedute”, sotto la guida di Padre Simpliciano della Natività (1827-1898), coadiuvato dalle Suore Francescane dei Sacri Cuori, di cui fu fondatore. Oggi le stesse suore occupano il monastero e gestiscono una casa di riposo per anziani.
Tra il 1927 e il 1930, durante il rettorato di padre Castolo Ghezzi (), che finanziò l’opera insieme al cardinale titolare (1929-1940) Giovanni Verdier (1864-1940), vescovo di Parigi,
Antonio Muñoz (1884-1960) operò un restauro teso a restituire alla basilica il suo carattere medievale originario. Egli riaprì le finestre abbassò il pavimento che ricoprì con mosaici di varia provenienza, riaprì le nicchie interne (chiuse nel 1571), riscoprendo gli affreschi del IX-XIII secolo, oggi finalmente visibili e marcò, con marmi moderni, la zona dell’antica “Schola cantorum”.
La chiesa è officiata dal clero diocesano di San Saba (vedi Via di San Saba - Ripa).

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