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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Largo_dei_Librari-Chiesa_di_S_Barbara (2)

La chiesa ha conosciuto diverse denominazioni, come “Santa Barbara alla Regola”, “Santa Barbara dei Giubbonari”, “Santa Barbara in Satro”, con riferimento a due statue di Satiri ritrovate, nel XIV secolo, nella vicina Piazza dei Satiri (Ora ai Musei Capitolini, ai lati della fontana di Marforio - Vedi – Parione) e, dopo il 1601,  “Santa Barbara dei Librari”.
Nel 1541, Paolo III (Alessandro Farnese – 1534-1549) concesse la chiesa al monastero di San Pietro e Paolo, al Celio.
La chiesa fu titolo cardinalizio, sotto Giulio III (Giovanni Maria Ciocchi Dal Monte – 1550-1555) fino a Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590), che glielo tolse, nel 1587, e fu brevemente parrocchia, dal 1594 al 1601, quando Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini – 1592-1605) concesse la chiesa alla Confraternita dei “Librari”.
La Confraternita assunse il carico della chiesa, dedicandola, anche, a San Tommaso d’Aquino (1225-1274), ed operando subito un primo restauro, nel 1601.
Nel 1634, un incendio distrusse il gruppo di case che separava la chiesa da via dei Giubbonari e la Confraternita operò per l’acquisto dell’area (400 scudi) per farne uno slargo (Largo dei Librai) che mettesse in evidenza la chiesa, quale si vede oggi,  con il concorso di Taddeo Barberini (1603-1647) che abitava la primitiva casa della casata, oggi, direttamente di fronte alla chiesa, in via dei Giubbonari.
La Confraternita dei Librai divenne “Università”, nel 1674, sotto Clemente X (Emilio Altieri – 1670-1676), raggiungendo, così, una maggiore autonomia economica e amministrativa.
La chiesa, così come l’avevano ereditata, aveva forma irregolare, costretta com’era tra altre costruzioni private che, addirittura, la sovrastavano con una camera costruita parzialmente sopra la chiesa, appartenente alla famiglia del famoso chirurgo Domenico Altimani (+ dopo 1667), che possedeva la casa alla destra della chiesa.
Il progetto di ampliamento e di regolarizzazione della chiesa, era stato affidato all’architetto Agostino Martinelli (1632-1687) che aveva previsto una soluzione che comportava l’acquisizione di parte di immobili vicini, in particolare quello degli Altimani, i quali, avendo rifiutato la vendita, dettero inizio ad un contenzioso che si scaglionò dal 1680 al 1684 e che si concluse, prima con la vendita forzosa della camera sovrastante la chiesa e quindi con accordi e compensazioni giudiziali che, in fine, soddisfecero le richiesta della Confraternita.
Nel 1679, erano, comunque, iniziati i lavori di regolarizzazione della pianta della chiesa e la restaurazione di una casa retrostante, con sbocco su Via di Grottapinta, acquisita dalla Confraternita ed appartenuta a Monsignor Giovanni Giustino Ciampini (1633–1698), membro della curia.
Con l’ingresso nella Confraternita (1680) del facoltoso libraio Zenobio Masotti (1606-1688), il contenzioso, con la famiglia Altimani, si risolse con l’acquisto (1684) della casa degli Altimani in toto, ovviamente a spese di quest’ultimo congregato.
Zenobio Masotti, libraio, che aveva pubblicato, nel 1662, il famoso “Messale Romano”, era entrato nella confraternita, probabilmente tramite i buoni uffici del suo socio Nicolò Chellini, con il quale teneva, dal 1665, la libreria “Della Nave”, al n. 1 di Piazza Pasquino, nel palazzetto dei marchesi Tassi, demolito tra il 1692 e il 1694, per la costruzione della chiesa della Natività di Nostro Signore degli Agonizzanti (Vedi Piazza Pasquino - Parione).
In questo periodo, i rapporti tra la Confraternita e l’architetto Martinelli si deteriorarono al punto che, si crede fortemente, questi venne esonerato dall’incarico per opera del nuovo, ma facoltoso, membro della Congregazione.
I lavori continuarono sotto la guida dell’architetto Giuseppe Passeri (1636–1687) (che non è l’omonimo pittore, allievo di Carlo Maratti) e furono portati a termine con la navata centrale e la facciata, nel 1686.
Nel 1858, la Confraternita risarcì la volta e restaurò la chiesa ma, nel 1878, con l’unità d’Italia, la confraternita fu disciolta e la chiesa, rimasta senza padrone, si deteriorò fortemente, sia nelle strutture che negli affreschi interni.
La chiesa rimase chiusa fino al 1974, quando una compagnia di giovani è riuscita a farla restaurare ed a riaprirla nel 1982.
La gestione è oggi assicurata dalla pia Comunità di Santa Barbara ed è officiata dal clero della diocesi di San Carlo ai Catinari (Vedi Piazza di S. Carlo ai Catinari – S.Eustachio).

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