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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza e Via della Pigna (R. IX – Pigna) (nella piazza converge la via delle Ceste ed è limitata a sud da via della Pigna che va da via del Gesù a via dei Cestari)

La piazza e la via prendono il nome “dal grosso pino” che secondo alcuni era nella piazza di San Giovanni (San Giovannino della Pigna) e che dette il nome al rione tutto e che, secondo altri, ebbe questo nome “dal frutto dell'albero e dall'albero medesimo del pino piantato, come credevasi, nel mezzo di Roma e dove, in processo di tempo (in seguito), fu edificata la chiesa di S. Marco”.

È più probabile che a dare il nome al Rione sia stata la “Pinea[1]. “Pinea” che ornava un Lavacrum dell’Iseo Campense e che sprizzava acqua dalle molte punte, formando un’artistica campana luminosa.

Nella prima metà del XIV secolo, la regione, che abbracciava una gran parte della VII regione augustea fino a via Lata, era indicata come “pinae et Sancti Marci” e nel secolo successivo soltanto Pinea.

È certamente un errore dovuto alla vicinanza al Pantheon del “Lavacrum” che in “Graphia aurea Urbis Romae”, del XIII secolo, è detto “in fastigio Pantheon, id est, Sanctae Mariae rotundae stabat pinea aurea”, o peggio, secondo il Mallio (secolo XII), “fuit copertorium cum sinino aereo et deaurato... ... in foramine Pantheon” o come Benozzo Gozzoli (1420-1497) ha rappresentato il Pantheon nel suo affresco al Campo Santo di Pisa, con la pigna sulla cupola [2]. È ugualmente un errore la credenza che la pinea sia stata “in fastigio” (sul culmine) di Castel Sant’Angelo.

Questo bronzo cui Dante paragona la faccia del gigante Nembrotte:

“La faccia sua mi parea lunga e grossa
come la pina (la pigna) di S. Pietro in Roma”.(I.XXXI-58)

Sotto Papa Simmaco (498-514) o, secondo altri, sotto Innocenzo II (Gregorio Papareschi - 1130-1143) “la Pina” fu, infatti, trasportata  sotto il tabernacolo del “paradiso” avanti all’antico S. Pietro, dove, nel giubileo del 1450, figurava ancora: “Item a mezzo il cortile che si truova innanzi allo intrare della Chiesa una pina di bronzo a modo di cupoletta in su colonne di porfido..." e prima che fosse collocata  in Vaticano, in quel cortile che ne ha preso il nome.

In una descrizione dell’antica basilica di San Pietro è detto: “Prima entrasi in un cortile detto Paradiso, dove stà collocato un grosso pomo di bronzo, quale ornava la chiesa di Santa Maria rotonda, allorché essa era tempio di pagani, e che dal diavolo fu gettato nel Tevere il giorno della consacrazione, dopo di che si pose qui per ricordo del miracolo”.

Il nome Pigna passò alla piazza per parecchi secoli.
Si chiamò anche "de’ Porcari", da quella nobile famiglia omonima che pretendeva discendere da Porcio Catone. La casa dei Porcari ha ancora l’ingresso in via delle Ceste dove si vede ancora il portale quattrocentesco con la loro arma e che aveva a lato un busto di marmo di Catone con l’epigrafe:

“Ille ego sum nostrae sobolis Cato Porcius auctor
Nobile quod nomen os dedit, arma toga”.

La casa era: “terrinea (con piano terra), solarata (con primo piano) et tettata, con sala, camere, cucina, e reclaustro (cortile), scala lapidea et altre pertinenze”.

Esiste ancora, oltre il detto portale, la corte con la scala che conduceva al piano nobile. Scomparsi gli ornamenti delle porte e le pitture del cortile e così pure sculture ed epigrafi.

Nel 1625 vi fu scoperto “un pregevolissimo basso rilievo antico rappresentante una scrofa con 20 porcellini lattanti”.

Sulla Piazza, a metà del XV secolo, i Porcari dettero due memorabili feste, una risultò ricchissima “per la grande copia del vetro cristallino nanti a quel tempo (prima di quel tempo) non molto usitato (usato)”, la seconda fu un banchetto nuziale “con un concorso meraviglioso dei magnifici gentil’homini”; e per l’occasione “Salvo Porcari coperse la piazza del sancto Jani della pigna” (dal nome del luogo ove si svolgeva il convito).

Stefano Porcari che, in seguito ad un discorso tenuto al popolo radunato all’Ara Celi, era stato imprigionato nel 1447, sotto Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447), fu liberato dal successore Nicola V (Tommaso Parentucelli - 1447-1455)  e mandato, dopo la Campania, a Bologna con un incarico.
Ma il Porcari, spinto dall’idea di far risorgere la Repubblica Romana, abbattendo il governo pontificio e carcerando il papa, per il quale aveva pronta una catena d’oro, ritornò a Roma di nascosto.
Il cardinale Bessarione [3], da Bologna, avvertì il Papa. Il bargello insieme al Governatore ed al Senatore di Roma, Giacomo Lavagnola, la sera del 5 gennaio del 1453, vigilia dell’insurrezione, si  presentarono appunto nella casa di via delle Ceste.
Stefano, travestito, riuscì a fuggire per una porticina segreta ma, la mattina dopo, fu rinvenuto alla Regola in casa di sua sorella.
Condotto a Castel Sant’Angelo, dopo tre giorni, il suo corpo dondolava [4] da un torrione della fortezza insieme a quelli di altri nove congiurati impiccati in Campidoglio. La casa alla Pigna fu incendiata, ma il fuoco non la distrusse completamente ed i Porcari presto risorsero.

La salma di Stefano si crede sia stata sepolta nella chiesetta di San Giovanni in Pinea che era presso la sua casa e dove si leggono ancora alcune lapidi sepolcrali di membri della sua famiglia, e delle quali la più antica risale al 1182.

La chiesa già dedicata ai SS. Eleuterio e Genesio, il corpo del quale riposa sotto l’altare maggiore, fu restaurata nel 1282 dall’Arciconfraternita della Pietà verso i Carcerati.

Altra chiesetta sull’angolo della piazza era la piccola parrocchia dei SS. Cosma e Damiano de Pinea che, dice il Lonigo (XVII secolo) “fu pochi anni sono buttata a terra e la cura (curia) unita a Santo Stefano del Cacco. Era situata quasi dirimpetto all'anzidetta di S. Giovanni”.
È ricordata come parrocchiale in uno dei libri catastali della basilica di San Pietro, all’anno 1450.

Una chiesa, chiamata “San Giuseppe della Pigna”, fatta costruire da Vittoria Colonna (1490-1548) annettendovi un conservatorio di povere ragazze, che  ancora esisteva nel 1587, non ha lasciato traccia [5].

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[1] )           Da ”Opera romana di certo” (P. Cincio Salvio).

[2] )            Fra l’altro, il diametro della pigna sul tolo (cupola) del Pantheon è di diversissima dimensione.

[3] )            Le ceneri del cardinale Bessarione, fautore dell’unione delle due chiese Latina e Orientale, sono state trasportate, nel 1958, dal Chiostro della Basilica dei Santi Apostoli  all’originario deposito, cioè nel secondo pilastro a sinistra della navata centrale. Anche le spoglie di Clemente XIV (Giovanni Vincenzo Agostino Ganganelli - 1769-1774) sono adesso entro la stessa basilica (Vedi “Piazza Santi Apostoli - Trevi).

[4] )            Dice l’Infessura [Diario della città di Roma di Stefano Infessura (1435-1500) scriba senato] : "a dì 9 del mese predetto di gennaio, di martedì, fu impiccato messer Stefano Porcaro in castello, in quel torrione, che va alla mano destra: e lo vidi io, giubbetto nero e calze nere.

[5] )            Nel secolo XVI, tra piazza della Pigna e via dei Cestari, furono costruiti vari palazzi fra cui uno dai Gabrielli. Accanto a questo, sulla fine del secolo precedente, i Maffei acquistarono una casa dai "dei Chariis" ampliata, col tempo, in modo grandioso e passata per vari proprietari, finché fu acquistata dalla Santa Sede che, comperato anche il palazzo limitrofo dei Gabrielli, vi trasferì, da via della Scrofa, il Vicariato. Tale ufficio, che rimonta ad antichissimi tempi, fu regolarizzato da Paolo IV (Gian Pietro Carafa - 1555-1559) e da Pio X (Giuseppe Sarto - 1903-1914). L’archivio Generale del Vicariato è, per esigenze tecniche, trasferito nel braccio sinistro del colonnato di San Pietro.

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Piazza e Via della Pigna
- Chiesa di San Giovanni della Pigna - Interno
- Chiesa di San Giovanni della Pigna - Lapidi

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