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STRADE DELLA ROMA PAPALE

via della Navicella - Villa Celimontana - Obelisco (3)

Il suo riutilizzo, in epoca successiva, è raffigurato il un affresco del 1407 nel palazzo comunale di Siena, attribuito a Taddeo di Bartolo (1362-1422).
Era posto tra la scalinata del convento di Santa Maria in Aracoeli ed il Palazzo Senatorio, prossimo al luogo delle esecuzioni capitali, sorretto da una base con quattro leoni ed una sfera sulla cuspide. La sua erezione in quel luogo potrebbe essere stata voluta da Cola di Rienzo (1313-1354) a testimonianza della sua azione riformatrice.
Il Comune di Roma concesse a Ciriaco Mattei (1545-1614) l’obelisco per l’abbellimento della sua villa Celimontana e decretò “Decretum est donandam et concedendam magnifico domino Cyriaco Matthaeio piramidem egyptiacis litterisis sculptam, prope ecclesiam Sanctae Mariae Aracoeli existentem” da cui si desume che l’obelisco giaceva, oramai, al suolo, prossimo alla scalinata laterale della chiesa dell’Aracoeli.
Giacomo Del Duca (1520-1604) incaricato da Ciriaco Mattei della costruzione della villa e della sistemazione dell’ampio giardino, pose l’obelisco al centro di un ampio spazio, chiamato “il Belvedere”, situato sul lato Sud della villa cui faceva da sfondo un emiciclo a gradinate, arricchito da un’enorme testa di Alessandro Magno ritrovata sull’Aventino.
In questo grande spazio era solito fare sosta San Filippo Neri (1515-1595) durante il “Pellegrinaggio delle Sette Chiese” (partendo dalla Chiesa Nuova, toccava San Pietro, San Paolo, San Sebastiano, San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo al Verano, Santa Maria Maggiore, tornando poi al punto di partenza) con i fedeli che avevano scelto di rinunciare alle feste del giovedì grasso e di seguirlo nel pellegrinaggio. I Fedeli (qualche migliaio di persone) si soffermavano intorno all’obelisco per consumare un frugale ristoro e, quindi, proseguire.
Nel 1820, la villa fu acquistata da Manuel Godoy (1767-1851) che trasformò completamente il giardino Mattei in giardino inglese e fece trasportare l’obelisco dove lo troviamo oggi, apponendo nuove iscrizioni sulle quattro facce della base.
Quando fu posto in opera nell’attuale posizione, nel calare il troncone superiore dell’obelisco, si ruppero le corde e la massa cadde pesantemente su quello inferiore stroncando ad un operaio le mani, che vi rimasero per sempre fra un troncone e l’altro.

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