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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza di Pietra (R. III – Colonna) (vi convergono: via dei Pastini, via dei Bergamaschi, via di Pietra, via de Burrò)

Il così detto "tempio di Nettuno" [1] con la sua imponente mole di pietra, fornì il nome alla piazza.
L’edificio doveva comprendere il "portico degli argonauti" ed il "Poseidonion", per quanto le antiche fonti li ricordino separatamente.
Certo il "Poseidonion" è lo stesso nominato da Dione Cassio tra gli edifici agrippiani del Campo Marzio, come la "basilica Neptuni" citata da Polemio Silvio (545). Questa, che doveva essere un edificio sacro dedicato al dio del mare, in ricordo delle vittorie navali di Augusto e di Agrippa, racchiudeva un tempio, o un’ara, di Poseidon, del tutto differente dal santuario del circolo Flaminio.

Circa la collocazione del portico degli Argonauti, alcuni archeologi, pur distinguendolo dalla basilica di Nettuno, suppongono che i due edifici fossero contigui, mentre altri pensano che il portico degli Argonauti, il tempio di Poseidon, la basilica di Nettuno ed il portico di Agrippa, fossero un unico monumento, che sarebbe stato ricostruito da Adriano (117-138) dopo l'incendio dell’80.

La critica moderna opina, invece, che il portico degli Argonauti fosse nel lato lungo dei " Saepta", opposto al portico di Meleagro [2], e che la basilica di Nettuno si debba riconoscere in quella grande aula absidata, adorna con motivi marini, che è dietro il Pantheon, rifatta da Adriano insieme col tempio stesso.

Si esclude in ogni modo che il portico degli Argonauti sia la stessa cosa del quadriportico situato intorno "all’Hadrianium", va invece avvicinato di più ai Saepta, cioè al gruppo degli edifici agrippiani, in base all’epigramma di Marziale, nel quale questi descrive i giri infruttuosi che ha compiuto uno scroccone (Serlio), da un monumento all’altro del Campo Marzio, in cerca di qualcuno che lo invitasse a pranzo.

Del portico degli Argonauti fu, forse, Adriano stesso ad iniziarne il restauro, preparando nel contempo il terreno per quel Tempio grandioso che, ultimato dal suo successore Antonino Pio (138-161) fu a lui dedicato dopo la morte.

Questo Tempio del divo Adriano (Hadrianium) è identificato, senza possibilità d’errore, con quello di cui si conserva ancora un fianco con le 11 magnifiche colonne, lo stilobate e il podio.

Intorno al tempio esisteva una piazza lastricata, cinta da un portico di colonne scanalate di giallo antico, almeno presso gli ingressi. Il muro di fondo era in opera quadrata, rivestita di marmo verso l'interno e bugnata verso l'esterno, come nel Foro di Traiano.

Avanzi e del portico e del muro sono stati rinvenuti sotto i palazzi Cini e Cerasoli in piazza di Pietra e sotto alcune case in via dei Bergamaschi.

Nel rimodernare l’ingresso della Borsa di Commercio, che v’è adesso accolta, sono stati scoperti resti della scalinata dinanzi al Tempio ed il podio del lato meridionale.

Nel 1695, da Sant’Eustacchio [3], fu trasferita nell’edificio la "dogana di terra" ed Innocenzo XII (Antonio Pignatelli - 1691-1700) vi fece alzare da Francesco Fontana una facciata monumentale usufruendo appunto delle 11 colonne dell’Hadrianium.

Sulla Piazza al n.26 è il palazzo dei conti Cini del XVI secolo molto inoltrato.

Pure sulla piazza, e secondo il Terribilini (XVIII sec.), vicino al portico supposto di Antonino Pio (Poseidonion), era la chiesa di Santo Stefano del Trullo [4], che ebbe pure il titolo di San Giuliano del Truglio, fino al 1614.[5]

Il tempio, che dovette avere alla sommità una volta sferica a forma di cupola, chiamata trullus nella bassa latinità, è già nominato dal Cencio Camerario (XI-XII sec.).
Aveva la sepoltura di Francesco Baroncelli, secondo tribuno dopo Cola di Rienzo, sulla quale era l’effigie del defunto (1355) in abito senatorio [6].
Nel XIII-XIV secolo la chiesa aveva prossima la casa degli Iacobacci, che venivano perciò sepolti in "ecclesia S. Stephani del Trullo" e come fra molte epigrafi si leggeva:

 "Hic Requiescit Strenuus
Ductor Equitum Nobilis
Nicolaus Gaufridii Rentii
Iacobi Acci Olim De Avennis
Pater Dni Lucii vixit Annos LXV
Obiit Anno MCCCI Mense Novembris”.

____________________

[1] )              In realtà si tratta del Tempio del Divo Adriano, inaugurato dall’imperatore Antonino Pio intorno all’anno 145.

[2] )              Il porticus Meleagri, che prendeva il nome da un’opera greca ivi conservata, aveva la forma di un ambulacro, lungo e stretto, con un muro del tutto chiuso nel lato a contatto con l’Iseo e con Villa Pubblica, con un porticato a colonne nel lato che guardava i “Saepta”.

[3] )              Sulla Piazza vi facevano mercato ed un editto, del 13 giugno 1658, dei maestri delle strade proibiva che alcuni padroni di case e di botteghe della Piazza facessero abusivamente pagare una tassa di posteggio ai venditori ambulanti che vi convenivano (Archivio di Stato, bandi volume 23).

[4] )              La Chiesa di Santo Stefano del Trullo venne edificata sui resti della platea del tempio di Adriano, proprio a ridosso del colonnato che limitava il recinto sacro, con l’abside rivolta in direzione di via Lata (attuale via del Corso).

[5] )              Sono molteplici le attività dedicate alla sanità dei meno abbienti, nate intorno alla piazza di Pietra, tra le chiese di Santa Maria in Aquiro, Santo Stefano del Trullo (scomparsa - nel Tempio di Adriano) e Santa Elisabetta de Urso (scomparsa - via delle Colonnette).  Dal tempo di Giulio II (Giuliano Della Rovere – 1503-1513), fu istituita, in Santa Maria in Aquiro, una “Confraternita di sacerdoti Secolari”, cui Paolo III (Alessandro Farnese – 1534-1549) affidò (1540) la cura degli Orfanelli e che, in seguito (1596) aprì un ospedale per la cura del clero bisognoso, assumendo il nome di “Sacrosanta Sacerdotum Societas”.  Anche la “Compagnia dei Poveri Forestieri e Pazzi”, fondata (1548) da don Ferrante Ruiz (+1573), cappellano della chiesa di Santa Caterina della Rosa (Santa Caterina dei Funari – vedi) si stabilì, prima, tra Santo Stefano del Trullo e Santa Elisabetta de Urso, tra il 1548 e il 1561, quindi, dal 1561 al 1728, nella chiesa di Santa Maria della Pietà (oggi Chiesa di San Bartolomeo e San Alessandro da Bergamo – vedi piazza Colonna), in Piazza Colonna, da cui prese il nome.  Nel 1581, anche Pietro Soriano (1515-1588), dell’Ordine di San Giovanni di Dio (1495-1550), detto dei “Fatebenefratelli”, venne a Roma da Napoli (1580), prima come aiuto esterno all’Ospedale di Santo Spirito, quindi come promotore di un’azione del proprio ordine con i mezzi ed i locali messi a sua disposizione da Gregorio XIII (Ugo Boncompagni – 1572-1585) “per fare un hospitale a luogo loro di piazza di Pietra per li poveri infermi”.  I Fatebenefratelli restarono in piazza di Pietra meno di un anno e nell’ottobre del 1582 si spostarono presso la chiesa e convento di San Giovanni Calibita, abbandonato, nel 1573, dalle suore Benedettine riformate da Santuccia Terrebotti (1237-1305) che l’avevano dal 1381.

[6] )              Una sottana di mohair (tipo di lana) rosso cui era sovrapposto un robone di tela d'oro. Portava in testa un tocco di velluto nero ombreggiato da piume bianche, fermate da una rosa di brillanti. In mano lo scettro di avorio, sul petto la collana d’oro con lo stemma di Roma, al fianco la spada. Era questo, sino al 1870, l’abito del senatore di Roma.

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Piazza_di_Pietra (4)

Piazza di Pietra

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Piazza di Pietra
Tempio di Adriano

Le 11 colonne che si ammirano sulla facciata del palazzo non si sono mai mosse da quando Antonino Pio (138-161) eresse un Tempio ad Adriano (117-138), suo padre, nel 145 d.Ch..
(Segue sotto l’ingrandimento...)

Piazza di Pietra
Palazzo Cini al n. 26

Il terreno, che è interessato da una parte del Portico degli Argonauti, e che conteneva alcune case fra le quali una con la facciata dipinta da Polidoro da Caravaggio (1495-1546) e da Maturino da Firenze (+1528), fu acquistato da  Demofonte Ferrini, ricco mercante di Calvi, nei primi anni del ´600.
(Segue sotto l´ingrandimento...)

Piazza_di_Pietra-Palazzo_Cini-Ingresso

Piazza di Pietra
Ingresso palazzo Cini

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Piazza di Pietra
Ingresso palazzo Cini - Scritta

Piazza_di_Pietra-Palazzo_Cini (3)

Piazza di Pietra
Palazzo Cini - Altana

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Piazza di Pietra
Madonna della Purità del XVIII sec.
al n. 39

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Piazza di Pietra
Targa di proprietà al n. 28

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Piazza di Pietra
Collegio dei Bergamaschi

Il palazzo fu edificato dall’Arciconfraternita dei Bergamaschi nel 1734. L’incarico fu dato all’architetto Gabriele Valvassori (1683-1761). Nel 1870, il palazzo fu espropriato dallo Stato italiano che, intorno al 1960, lo cedette all’Istituto Bancario Italiano.

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Si chiamava “Vicolo dell’Archetto” (Nolli n.319). Il nome faceva riferimento ad un arco di Antonino di cui si parla nei Mirabilia (XIV-XV sec.): “Arcus Antoninus prope.columpnam eius, ubi modo est turris del Tosectis”.

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Via_di_Pietra-Portone_al_n_70 (2)

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Via_di_Pietra-Lapide_di_Ferdinando_Gregorovius_al_n_89a-1991

Via_di_Pietra-Lapide_di_Giovanni_Bovio_al_n_89-1904 (2)

Via di Pietra

Via di Pietra
Portone al n. 70

Via di Pietra
Negozio al n. 69

A questo numero, verso la fine del XIX secolo, è ricordato un certo Signor Augusto Polidori, “Liquoraro” di professione, che nella sua bottega dispensava liquori di ogni sorta a due soldi il bicchierino: un vino chinato, un marsaletto o un rosolio.
Un vero “Bar” ante litteram.

Via di Pietra
Lapide a Ferdinand Gregorovius - 1991

Via di Pietra
Lapide a Giovanni Bovio - 1904

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