|
Si deve notare che mentre S. Filippo Neri continuò, dopo il Giubileo, ad assistere pellegrini, Fernando Ruiz, si dedicò, sempre di più ai bisognosi malati di mente, tanto che nel 1562 l’ospedale situato, dal 1550, in una casa di piazza Colonna, veniva chiamato “Spedale della Madonna della Pietà per i poveri forestieri e pazzi”, facendo riferimento alla chiesa che lo affiancava. All’ospedale apparteneva anche la chiesa di Santo Stefano del Trullo, demolita, insieme all’Arco dei Pazzerelli, per l’allargamento del vicolo, oggi via dei Begamaschi, nel 1622. Dal 1554 al 1559, la confraternita ricevette delle nuove regole e la possibilità di organizzare delle questue per il proprio sostentamento. In quel periodo, alla casa iniziale, proprietà della confraternita, si unì un’altra, contigua, lasciata in eredità da Faustina Granicoli, per intercessione di Giulia Colonna (?-1571), mentre più tardi (1562) sarà possibile un’allargamento dell’ospedale con l’acquisizione di altre case contigue, per acquisto o per lascito. Nel 1565, si dette inizio alla ricostruzione dell’ospedale e di una nuova chiesa, sotto la direzione del capomastro Antonio Mangone, seguito da Francesco de Gnocchis da Caravaggio, che terminò l’opera nel 1570. Dal 1588 al 1607, l’ospedale conobbe un lento declino economico, con la conseguente deteriorazione del servizio, poi una risalita fino al 1725, grazie all’emanazione di nuove regole ed al cambiamento del tipo di assistenza prestata che estromise la confratenita dalla gestione quotidiana dell’ospedale, con il suo spirito caritativo, per andare verso sistemi di semplice detenzione. Nel 1725, Benedetto XIII (Pietro Francesco Orsini – 1724-1730), bergamasco, ordina lo spostamento dell’ospedale dei “Pazzerelli” da piazza Colonna all’ospedale di Santo Spirito, dove erano stati appositamente costruiti due nuovi padiglioni, per uomini e donne, mettendoli sotto l’autorità del “Commendatore” e indicò il complesso di Piazza Colonna come sede della Nazione Bergamasca. Il complesso di Piazza Colonna, chiesa e ospedale, venne venduto alla nazione bergamasca, nel 1726, per 38.000 scudi. Tra il 1729 e il 1735, i Bergamaschi, provenienti da San Macuto (ceduto ai Gesuiti, che lo richiesero come cappella del contiguo Seminario Romano, che dirigevano dal 1560), eseguirono un’ampia ristrutturazione della chiesa, che dedicarono ai loro Santi patroni: San Bartolomeo e San Alessandro, e, sopratutto, dell’ex ospedale, per opera dell’architetto Gabriele Valvassori (1683-1761). Agli inizi dell’800, ad una situazione dell’Arciconfraternita in declino si aggiunge l’invasione delle truppe napoleoniche (1805) e la conseguente annessione del territorio pontificio all’Impero francese (1809). Al ritorno del potere papale, nel 1814, l’Arciconfraternita rientra in possesso dei suoi beni (tranne di quella parte alienata dall’amministrazione francese) ma solo nel 1847 riesce a risanare le proprie finanze e a ritrovare un ritmo regolare di gestione grazie all’intervento del suo cardinale protettore Fabio Asquini (1802-1878). Con l’unità d’Italia, l’Arciconfraternita si trasforma da “opera pia” in “Società di mutua assistenza” per conformarsi alla legge Crispi del 1890. L’arciconfraternita dei Bergamaschi, personalità giuridica di diritto privato, possiede ancora oggi il complesso.
|