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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via_di_Villa_Caffarelli-Palazzo

Dopo la visita dell’imperatore Carlo V (1500-1558), nel 1536 (l’imperatore fu ospitato nel palazzo Caffarelli-Vidoni tra piazza del Gesù e largo Argentina), Ascanio Caffarelli, molto vicino all’imperatore di cui era paggio, ottenne da lui la conferma imperiale delle sue proprietà sul Campidoglio.
Lo stesso Ascanio, nel 1562, aveva iniziato la costruzione del primo nucleo della villa, ad opera dell’architetto Gregorio Canonica (allievo di Jacopo Barozzi detto il Vignola), sulle poche rovine del Tempio di Giove Capitolino (per questo del Tempio non rimase che la platea). L’edificio fu poi ampliato dai discendenti di Ascanio, fino al XVII secolo .
La costruzione della villa ebbe fine, nel 1584, con il figlio di Ascanio, Giovanni Pietro Caffarelli, come si legge sull’architrave del cancello d’ingresso su via delle Tre Pile.
Nel palazzo fu inglobata la “Torre di Manlio”, ora scomparsa, così chiamata perché creduta eretta sopra i resti della casa di Marco Manlio Capitolino (+384 a.Ch.), distrutta dopo il suo tradimento.
Insieme alla villa crebbero anche i giardini che, escludendo la proprietà dei Marescotti sul versante di Santa Maria della Consolazione, ricoprirono l’intero monte Caprino.
Dai Caffarelli fu acquisita anche la proprietà della lunga teoria di piccole case che coronavano la base del monte capitolino e le grotte che, affittate per abitazione, per fienile o ad attività artigiane, costituirono una fonte di reddito per tutto il complesso.
Nel 1815, le conseguenze del Trattato di Vienna, dopo il declino del potere dei papi, durante l’ondata napoleonica, portò la Prussia a voler acquisire in un’area centrale di Roma cattolica uno spazio sufficiente per ospitare l’ambasciata di uno Stato Protestante.
Questo disegno non poteva non generare una forte opposizione, non solo dello Stato Pontificio che non era in buoni rapporti con un paese protestante, ma anche della popolazione romana portata dai venti del nascente risorgimento italiano.
L’occasione (probabilmente inconscia) di un futuro acquisto si presentò nel 1817, quando Christian Karl von Bunsen (1791‐1860), segretario dell’Ambasciata di Prussia presso la Santa Sede, prese in affitto alcuni locali al secondo piano della villa Caffarelli, perché, quando quest’ultimo divenne “Ministro” della legazione prussiana (1823), quei locali del palazzo Caffarelli divennero sede della Legazione di Prussia (in precedenza la Legazione prussiana era a palazzo Orsini-Savelli nel Teatro di Marcello).
Nel 1829, nei locali della legazione, venne ospitato anche l’Istituto di Corrispondenza Archeologica, promosso dall’archeologo Friedrich Wilhelm Eduard Gerhard (1795-1867) e patrocinato dal principe ereditario di Prussia, Federico Guglielmo (1795-1861), poi Guglielmo IV (1840-1861).
La Legazione procedette poi alla costruzione di un nuovo edificio per l’Istituto Archeologico (1823) e alla creazione di un piccolo ospedale teutonico (1835) in un altro edificio chiamato “Casa Tarpea”, ai bordi della rupe capitolina (vedi mappa).
L’ospedale aveva una capacità di 20-30 letti “adibiti principalmente agli artigiani tedeschi e alle persone delle classi più povere”.
Nel 1852, il Ministro Plenipotenziario prussiano, barone Guido von Usedom (1805-1884) concluse, con donna Vincenza Caffarelli, vedova del duca Baldassarre, un contratto d’affitto (di tipo enfiteutico, con diritto di prelazione sull’acquisto) di tre anni e mezzo per l’occupazione di quasi tutto il palazzo Caffarelli e dei suoi giardini.
Un tentativo di acquisto del palazzo era stato già tentato, nel 1839, da Christian Karl von Bunsen, Ministro Plenipotenziario, con il duca Baldassarre, ma lo Stato Pontificio era intervenuto annullandolo e mandando il duca Baldassarre a Castel Sant’Angelo.
Subito dopo la morte di Baldassarre Caffarelli (1851), dopo lunghe tergiversazioni degli eredi Caffarelli, dello Stato Vaticano e del Comune di Roma, che aveva la proprietà confinante, finalmente, nel 1853, la Prussia poté acquistare il palazzo, per 82.720 scudi, anche se nel frattempo fortemente degradato, con il giardino e tutti gli annessi.
Dopo il 1870, caduto il governo del Papa a Roma e per pacificare gli spiriti ancora bellicosi, il Governo Prussiano cedette al Comune di Roma il palazzetto Clementino ed il Comune di Roma cedette al Governo Prussiano un tratto di terreno per un più comodo accesso all’ospedale teutonico.
Con la fine della prima guerra mondiale, l’ambasciata fu lasciata vuota dai diplomatici prussiani. Nel giugno del 1918, il palazzo subì un grave saccheggio da parte di una folla inferocita di popolo che, avendo avuto un comizio in piazza Venezia per celebrare la vittoria, si diede ad un selvaggio saccheggio dell’edificio forzandone le entrate. Un’evidente imbecillità di massa.
Al livello delle autorità capitoline si portò avanti la necessità di riesumare il Tempio di Giove Capitolino che giaceva sotto il palazzo Caffarelli e l’idea di fare, di quella parte del Campidoglio, un parco pubblico.
Il palazzo fu destinato alla demolizione ed in realtà fu demolito tutto il secondo piano e la torre di Manlio.
Poi, in seguito ad alcune proteste, si pensò di ricostruirlo. I lavori di ricostruzione, con qualche variante e i lavori di restauro si svolsero tra il 1922 ed il 1925, quando, al piano terra, fu ospitato il Museo Mussolini e la Nuova Galleria d’Arte Moderna, mentre al terzo piano si aprì la “Terrazza Caffarelli”.
Nel 1952, fu operato un collegamento tra il piano terra del palazzo Caffarelli e i Musei Capitolini, ma, poco dopo, in seguito a problemi di stabilità, fu sottratto al pubblico.
Dal 2020 il primo piano di Palazzo Caffarelli è stato riaperto al pubblico come parte dei Musei Capitolini, dedicata a mostre specializzate temporanee.

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