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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via dei Penitenzieri (R. XIV – Borgo) (oggi da Borgo Santo Spirito a Porta Santo Spirito - prima del 1936, anche il tratto Via dei Cavalieri del S. Sepolcro faceva parte di questa via).

La via si chiamò così dal palazzo che era sulla Piazza Scassacavalli, in corrispondenza del Borgo Vecchio [1], ed oggi, dopo l’abbattimento della Spina di Borgo (abbattuta nel 1936) [2], si viene a trovare in via della Conciliazione [3].

Il palazzo ha il fianco sulla via (adesso dei Cavalieri del San Sepolcro), detta prima, appunto via dei Penitenzieri in tutto il suo percorso, da Borgo Vecchio a porta Santo Spirito.

Il palazzo, costruito nel 1480 dal cardinale Domenico della Rovere [4], passò al cardinale  Francesco  Alidosi  da  Imola,  favorito  di  Giulio  II  (Giuliano Della Rovere - 1503-1513).
Il cardinale, sospettato di tradimento, fu ucciso dal nipote del Papa, Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino, nel 1511, che andò ad abitare nel palazzo, abbellendolo.
In seguito, nel 1668, fu destinato a quei religiosi che hanno l’ufficio dei Penitenzieri in San Pietro, dando origine al nome della via [5].
Nel 1947, in seguito al trasferimento dei Penitenzieri nel Palazzo dei Tribunali della Città del Vaticano, la Santa Sede l’ha ceduto all’ordine del Santo Sepolcro, che ha avuto il cattivo gusto di far cambiare nome al primo tratto della strada, fino all’attraversamento del Borgo Santo Spirito, chiamandolo “via dei Cavalieri del Santo Sepolcro”.

In questo tratto di strada, dal lato opposto al fianco del palazzo dei Penitenzieri, vi è il palazzo Serristori, dell’ambasciatore mediceo alla corte di Pio IV (Giovanni Angelo Medici - 1559-1565), Averardo Serristori.
Il Palazzo ebbe la facciata, sulla via del Borgo Vecchio, rovinata dalla bomba fatta esplodere  da  Monti  e  Tognetti,  il  giorno prima di Villa Glori,  22  ottobre  1867 [6].   Nell’area del palazzo, sembra, abbia abitato Cesare Borgia.

Dopo aver traversato Borgo Santo Spirito [7] in direzione della Porta S. Spirito, lasciando a destra la salita di Villa Cecchini [8], sul muro di sinistra si scorge una lapide con busto dedicata alla memoria dell’orafo Bernardino Passeri  che morì (1527) difendendo il torrione di Santo  Spirito [9]  dagli assalti delle orde di Carlo V [10], dopo aver conquistato lo stendardo del nemico.

Fine  della  via  è  la  porta  di  Santo  Spirito  che  fu  anche  detta  “arco  dei Penitenzieri”. 
La posterula “Saxonum[11] era la porta corrispondente a quella di S. Spirito nelle mura Leoniane. Essa fu detta di Santo Spirito, quando anche la vicina chiesa che, per essere prossima alla scuola degli Anglo-Sassoni, era chiamata Santa Maria in Saxia, prese il nome di Santo Spirito [12].
La città Leonina, fortemente danneggiata dall’assedio del Borbone del 1527 [13], fu cominciata a riparare solo nel 1534 quando  il re di Algeri, Barbarossa, apparve alle foci del Tevere.
I lavori si intensificarono dopo che, nel 1541, Barbarossa ebbe vinto presso Algeri la squadra cristiana, e la loro direzione fu affidata ad Antonio da Sangallo il giovane.
Nel 1543, completato il bastione, anche la porta di Santo Spirito era a buon punto, quando si accese una lotta per sostituire Michelangelo al Sangallo, che restò vinto. Questi, avvilito per la perdita morì (1546) ed il lavoro della porta rimase sospeso e così  è  rimasto  fino  ad  oggi,  nonostante  la  nomina  fatta  da  Pio  IV  (Giovanni Angelo Medici - 1559-1565) di  un  giusto  successore,  in  persona  di  tal  Jacopo  da  Ferrara,  detto  il Meneghino, e definito dal defunto Sangallo: “architetto per burla”.

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[1]          La Spina di Borgo e, quindi, Piazza Scassacavalli esistevano ancora nel 1933.

[2] )            Carlo Fontana (1634-1714), sulla convenienza di demolire la “spina” dei Borghi perché la cupola michelangiolesca si componesse con tutta la basilica in una visione unitaria, scrisse:
"Il luogo proporzionato, acciò l’occhio riceva il giusto contorno del Tempio Vaticano è sopra il ponte di S. Angelo, nel quale vi è l’adeguata distanza, quando non fosse impedito da quell’isola di Case, fra il medesimo e la Piazza, che lo vietano".

[3] )             Per la realizzazione di via della Conciliazione, questo palazzo fu demolito e ricostruito sul filo della nuova strada e, in quella occasione fu ripristinata la torre nel lato est, ch’era scomparsa nel corso dei secoli.

[4] )            Il palazzo Della Rovere conserva, alterati dal tempo e dai restauri, affreschi del Pinturicchio (1454-1513). Nel giugno 1495, reduce da Napoli, vi abitò Carlo VIII, seguito da 20.000 mule cariche del bottino asportato dalla Campania.

[5]               Papa Simplicio (468-483) destinò alcuni sacerdoti al governo dei penitenti, e a ricevere la loro confessione a San Pietro, San Paolo e San Lorenzo. Da Roma tale usanza si propagò ad altre chiese ancora.  I  proventi  ecclesiastici  erano divisi in quattro  parti, in ordine di priorità: 1) per la mensa del vescovo; 2) per la manutenzione della chiesa; 3) per i membri del clero; 4) per i poveri.
Questi religiosi hanno i loro collegi nelle tre basiliche maggiori.  Il cardinale gran penitenziere che li presiede, durante la Settimana Santa, occupa successivamente  il trono penitenziale nelle tre basiliche. La sua autorità è simboleggiata da una bacchetta dorata (fermula), mentre la bacchetta dei penitenzieri è nera.
La lunga bacchetta nera, che poggiano sulla testa di chi si inginocchia avanti al loro confessionale, ha la sua origine nella “vindicta romana”.
Come con la bacchetta il penitenziere affranca i fedeli che gli si inginocchiano avanti al confessionale, di una certa parte del debito di espiazione, inerente alle sue colpe già confessate, così
nella "manumissio per vindicta" (Modalità di liberazione degli schiavi), l’“assertor in libertatem” poneva sulla testa dello schiavo un bastoncino (vindicta) e lo dichiarava libero.
Per la liberazione degli schiavi, sembra  che Traiano trasferisse nel suo Foro le cerimonie della “manumissio” che prima avvenivano presso la Curia, nell’“atrium Libertatis” adibito a sede degli uffici dei censori.
Anticamente il diritto pretorio affrancava lo schiavo dietro semplice manifestazione del padrone:
-         Manumissio inter amicos - dichiarazione in presenza di amici.
-         Manumissio per epistolam - notifica per lettera.
-         Manumissio per mensam - invito allo schiavo di adagiarsi a mensa.
In seguito la manifestazione del padrone divenne giuridicamente più strutturata:
-         Manumissio per vindictam; un assertor in libertatem dello schiavo, d’accordo col padrone, ne
          contestava a quest’ultimo il diritto di proprietà davanti al magistrato e, fattoselo assegnare, gli
          poneva sulla testa un bastoncino (vindicta) e lo dichiarava libero.
-         Manumissio censu; il padrone faceva iscrivere lo schiavo nelle liste dei censori come
          cittadino romano.
-         Manumissio testamentum; affrancazione mediante un atto di estrema volontà, ciò che liberava lo schiavo, affrancato anche dai doveri che legavano il liberto all’ex padrone.

[6]          Sull’attentato scrisse Raffaele de Cesare: “il crollo della caserma che seppellì sotto le macerie parecchi musicanti, quasi tutti italiani, e mandò alla ghigliottina il Monti e il Tognetti, che si accusarono a vicenda, non accrebbe amici alla causa liberale, e solo produsse forte spavento in Vaticano”. Monti e Tognetti furono gli ultimi giustiziati ad essere sepolti a S. Giovanni Decollato.

[7] )            All’inizio del Borgo, quasi di fronte all’ospedale era la chiesuola dedicata alla Santissima Annunziata dove si raccoglieva l’Arciconfraternita di Santo Spirito. Abbattuta la chiesa per la costruzione del palazzo delle imposte, è stata ricostruita a destra dello sbocco del ponte Vittorio Emanuele. Nell’oratorio della Nunziatina ha sposato Giuliana (la figlia dell’autore) il 26-4-1956.

[8] )            La salitadi Villa Cecchini è ora di proprietà della Curia Generalizia dei Gesuiti. L’ingresso di questa strada in salita, che parte da Borgo Santo Spirito, è chiuso da un cancello da quando la strada fa parte della casa generalizia dei Gesuiti e gode perciò dell’extraterritorialità. Ed è a difesa di questa che, durante la guerra 1940-5, una sentinella della guardia palatina pontificia montava la guardia presso la garitta che è tuttora dietro il cancello suddetto (ora non più).
Quando invece la strada era pubblica, portava alla villa del cardinale Cecchini e da essa prendeva il suo nome.
Effettivamente si chiamò prima, via di Villa Cecchina e Barberina, perché serviva di accesso anche alla villa dei Barberini, posta non lontano da quella del cardinale Cecchini, nel sito ch’è oggi di proprietà del Collegio Urbano di Propaganda Fide, dopo aver appartenuto ai Gabrielli ed essere servita di residenza al manicomio provinciale.
Domenico Cecchini, dopo essersi  laureato in legge a 15 anni all'Università di Perugia, venne in Roma, dove, Patrizio Romano, esercitò poi l’avvocatura.
Protetto dal cardinale Ludovisi, nipote di Gregorio XV (Alessandro Ludovisi - 1621-1623) entrò nella carica ecclesiastica e il 14 novembre 1644 fu creato cardinale da Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili - 1644-1655).
Con i proventi della sua carica di Datario si fece costruire la modesta palazzina, forse da Martino Longhi il giovane (+ 1656), dove visse e morì nel 1656, dopo aver sopportato dolori e amarezze, causate da donna Olimpia Pamphili Maidalchini, con la quale era venuto in contrasto per le ingerenze che essa avrebbe voluto esercitare nella Dataria Apostolica. Morì pochi mesi dopo di donna Olimpia, ed ebbe così la soddisfazione di vederla precipitare dall’alto della sua fortuna, appena Innocenzo X (7 aprile 1655) cessò di vivere.
Si crede che, in antico, qui fossero gli Horti Domitiani “di cui si veggono ancora alcuni residui di pavimenti di musaico, ed altri avanzi di un'antica villa, che per un'iscrizione ivi trovata si crede appartenesse al celebre poeta Celio, del tempo di Augusto. Nel Medio Evo, tante leggende facevano dei ruderi il Palatiolum Neronis” (vi si accampò Enrico IV sotto Gregorio VII - 1084).

[9] )             Nei pressi del Torrione di Santo Spirito, fu ucciso Carlo III di Borbone, il cui cadavere, chiuso in una cassa di piombo nel febbraio del 1528, fu deposto in un sepolcro a Gaeta. L’epitaffio; “Aucto imperio. Gallo victo superata Italia. Pontifice obsesso. Roma capta: Carolus Borbonius in victoria caesus hic iacet”. (Rufini - 1847).

[10] )           I Lanzichenecchi al loro ingresso “Non è stato loro abbastanza, avere spianato Santo Spirito (l´Ospedale), ma etiandio hanno ammazzati tutti gli infermi che quivi haveva...” (Lettera Buffalini al Vitelli, in Lettere di diversi illustrissimi Signori § republiche scritte all’Illustrissimo Signore il Signor Vitello Vitelli - 1551).

[11]         La posterula ebbe il suo primo nome dalla prima delle “Scholae Peregrinorum” che, fin dall’alto medioevo, ordinate secondo criteri di nazionalità, formarono poi gli istituti nazionali di assistenza per i pellegrini.

[12]          La chiesa di S. Maria in Saxia, insieme all’unito ospizio, dopo essere stata distrutta da un incendio, sotto Pasquale I (817-824),e saccheggiata poi dai saraceni, fu nel XII secolo, con l’ospizio stesso, trasformata in nosocomio e affidata ai frati ospedalieri, istituiti da Guido di Montpellier, detti di Santo Spirito.

[13] )        Il 20 settembre 1526 vi entrarono truppe dei Colonna che “espugnarono il palazzo (Vaticano) et presolo lo saccheggiarono con una parte del Borgo”. Il Vaticano fu “quasi tutto a sacco per insino alla guardaroba et camera del Papa” (Clemente VII - Giulio de´ Medici - 1523-1534).

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Via dei Penitenzieri
- Via di Porta S. Spirito

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