Il Libro del Passato

POESIA IN LINGUA
DI
NICOLA ZITELLI

Artisti in Famiglia
Enrico Canovai
Maria Pizzi
Nicola Zitelli
Luca Borgato

La mia Poesia

La mia poesia va intesa come veicolo attivo d´un sentimento percosso, cioè sollecitato, offerto al lettore affinché possa concretarsi in un momento di riflessione.

A MIA MADRE


Ha ingoiato, il tempo,
le mie notti, a migliaia,
da quando ai santi le affidavi
e segnavi, ortodossa,
con la croce, il cuscino e con il cuore.

Tu che vegliavi, insonne, il mio respiro,
mentre accorava, la nostalgia icariàna
e ghermiva, impudente,
i tuoi silenzi
e gli affetti, divelti e depredati.

Ora ricordo quel che non vidi
e m´accorgo, meschino,
che mentre ti pensavo marescialla,
asciugavi, schiva,
i tuoi lucciconi di madre.
 

Le emozioni lasciano un segno nello spirito, ma devono essere metabolizzate dalla sensibilità e dalla ragione, un po´ come il mosto che, per diventare un buon vino, deve decantare e fermentare.

LA BITTA

Lunghe notti
d´ore inchiodate,
lacerate
da inesorabili silenzi,
da singulti inghiottiti,
salati di pianto.

S´alza,
libera,
la fantasia
su ali di gabbiano,
all´isola felice,
al saldo approdo,

lega
alla bitta
della speranza
l´esausto
filo
dall´anima mia.
 

Sopravvivono (Le emozioni) solo quelle degne d´essere ricordate e perpetuate dalla memoria, le più incisive, quelle che scalpellano le loro orme sulla lavagna dell´anima.

SECCO FIORE


T´ha dispiumato, spietata, la vita,
etèreo flabello d´una canna,
irridendo i tuoi sogni e t´ha rapita,
al suono di una falsa ninna nanna.

T´ha scortato, la morte, alla sua valle,
per macellarti, trepidante agnello,
coprendoti, sollecita, le spalle,
offrendoti un sudario per mantello.

Io, per serbare intatto il mio dolore,
ho piantato, caparbio, un secco fiore,
rubato al vecchio libro dei ricordi,
nell´angolo più tenero del cuore.
 

Quindi, irrefrenabilmente, come bolle d´aria trattenute forzosamente sott´acqua e poi rilasciate, esplodono in superficie, si materializzano: diventano poesia.

TU MI PARLI DEL PARADISO


Tu mi parli di Paradiso,
ma io sono solo, contro la vita,
come un cucciolo gettato sull´autostrada,
come un bimbo, piangente e smarrito,
tra i mille volti spiritati,
d´un carnevale
forsennato e ossessivo

Tu parli del Paradiso,
su questa terra
che non ha pietà,
dove il sangue
del genocidio
marchia d´infamia
la nostra età.

Non parlarmi del paradiso,
finché vivo per cogliere
l´angoscia d´una lacrima
o il lampo d´un sorriso.
 

Non ho mai creduto alla universalità del messaggio poetico, nè la mia ambizione può anelare a tanto: considero pertanto questo episodio della mia vita solo come un momento di rigorosa meditazione e di conflittualità interiore.

COMPAGNI MUTI


Solitudine
gremita
di fissi volti
affiochiti.

Cari volti,
amici
d´un tempo
remoto e lavato.

Compagni muti
che affollate
vuote giornate
di solitudine grata.

Scrivo poesie da venticinque anni: venticinque anni di severa introspettiva, nonostante la refrattarietà all´autocommiserazione e le ineluttabili contraddizioni comportamentali.

A MIO PADRE


Padre, anziano e mai vecchio,
padre, fiero e mai domo,
che vale cincischiare
all´infinito
l´annoso cartiglio della commedia?
Scorre, la vita,
come un ruscello
in tortuosi meandri montani
e la sua quiete diventa, a valle, la sua fine.

Guizzano, lesti, i fremiti
nelle verdi acque dei tuoi occhi
che, muti, s´accendono
della vita che fu,
mentre le dita
adunche
del tempo crudo
scavano, sul volto tuo
solenne,
copiose le rughe di dolore.

Ora ho deciso di schiudere, seppure con imbarazzo, una parte non secondaria del mio io, per sottrarla ad una inespressa desolazione.

ERO ANCORA UN BAMBINO...


Ero ancora un bambino,
ero solo un piccolo bimbo,
ma già la guerra,
la perfida guerra
aveva distrutto
il mio mondo di cioccolata...
i miei sogni di cioccolata...

Era tutto troppo bello,
troppo bello
quello che giaceva, a pezzi,
ai miei piedi,
quello che ancora oggi,
da allora,
giace, a pezzi, ai miei piedi.

M´hanno ucciso
un futuro di cioccolata
così come hanno ucciso i ragazzi,
nei deserti e sui monti
e sopra e sotto i mari,
uccidendo il loro futuro
ch´era, forse, più dolce del mio.

Hanno ucciso, hanno ucciso...
ucciso...
Era tutto troppo bello,
quello che ancora oggi,
da allora,
giace, a pezzi, ai miei piedi.

Pensare costa fatica, ma pensare da poeta può essere l´epilogo d´un cammino, spirituale ed intellettuale, tormentato e gravoso.

LA MONGOLFIERA


Sole sole,
Una cicala sega
l´afa ferma destate.

Vorrei agguantare quattro
lembi di questo cielo,
poi fletterli e annodarli
e sulla mongolfiera
del silenzio assolato
dondolare sospeso
sul giardino dei sogni.
 

Queste mie poesie vogliono essere una proiezione all´esterno, l´atto liberatorio d´una vita pensante che svèlle, finalmente, le gabbie dell´abitudine e del conformismo e volta le spalle al realismo glaciale della quotidianità.
Una necessità espressiva e magica.

ERA L´EPOCA


Com´erano giovani,
 i miei genitori,
in quelle foto sbiadite
del dopoguerra,
a Venezia,
tra i colombi di piazza san Marco,
i petulanti bisnonni
dei colombi d´oggi.

Era l´epoca dei Borsalino,
degli ampi doppio petto,
con gli enormi pantaloni
afflosciati,
alla Clarke Gable, mi pare;

era l´epoca
dell´odore di vaniglia
e di mele cotogne,
dei biscotti appena sfornati
a forma di esse maiuscola,
dei cestini colmi di uova
sode e colorate di rosso,
che annunciavano la Pasqua;

era l´epoca del boschetto di pini e roverelle,
quello sotto casa,
quello che, allora, mi sembrava
una tundra spettrale...

 

É il simbolismo dell´interiorità, e come tale avrà valenza e credibilità poetica solo se riuscirà a suscitare una commossa inquetudine ed un sincero frèmito emozionale.
(Selezione da L´ECO DEL SIMANDRO - poesie di Nicola Zitelli - Editrice ianua - 2000)

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