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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via di Torre Argentina (R. VIII - Sant’Eustachio; R. IX - Pigna) (da largo Argentina a piazza Santa Chiara)

La strada, "drizzata a metà del XVI secolo", [1] prese il nome dalla torre di stile gotico tedesco costruita, nel 1493, con l’annessa casa dello stesso stile, dal vescovo Giovanni Burckardt (1445-1506) di Hasslack, presso Strasburgo (Argentoratum) .
Cerimoniere dei papi, Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cybo - 1484-1492) e Alessandro VI (Rodrigo Borgia - 1492-1503) e diarista [2] (Burcardo), di "alquanto scandalosa memoria" e "con reputazione d’indelicatezza", dedito "all'amore, al vino e alla ghiottoneria", mentre “la sua cupidigia era ben nota", alzò la torre che chiamò Argentina per la sua "argentinensis diocesis”.

Un tempo la torre si elevava isolata al di sopra dei tetti e sui suoi lati si leggeva, come su quella dei Millini (via dell´Anima - Parione), "Argentina". In seguito venne mozzata e l’elevazione dell’annesso fabbricato, la incassò completamente nell’edificio.

Attualmente è visibile solo dal cortile, dove ai suoi piedi, è stato trovato un pozzo sempre nello stesso stile. Il vano del primo piano deve essere stato usato come cappella privata ed è regolare, mentre i vani superiori sono rotondi forse per far posto alla scala ripida e stretta che portava all’antico terrazzo.

Morto l’arcivescovo, nel 1506, ne fu esecutore testamentario ed erede il cardinale Giulio dei Cesarini (1466-1510) la cui famiglia già aveva i possedimenti circostanti che si prolungavano sino alla Piazza che da loro prese il nome [3].

Il cardinale Giulio vi costruì un bel portico, come dice Francesco Albertino (1510): "Et domus episc. N. apud turrim Argentinam. cum  scala pulcherrima, apud quam Rev. Iulianus II de Caesarinis diac. Card. S. Angeli porticum pulcherrimam cum columna pretiosa contruxit”.

Il cardinale Giuliano, che fu quello che costruì il censo della famiglia Cesarini, era il fratello di quel Giovanni Andrea che il 24 gennaio 1482 aveva sposato Girolama Borgia, figlia naturale del cardinale Rodrigo (Alessandro VI).

I Cesarini furono con i Farnese, le sole casate romane alla cui prosperità i Borgia abbiano essenzialmente contribuito.
Con la bolla del 23 maggio 1503, la carica di gonfaloniere di Santa Romana Chiesa fu assegnata con ragione ereditaria alla famiglia Cesarini.

L’ultimo rampollo della casa fu donna Livia (suor Pulcheria morta nel 1712) che aveva sposato Federico Sforza dei Santafiora, dando origine così agli Sforza-Cesarini. Questi ebbero l’ultima erede diretta nella duchessa Geltrude Sforza-Conti [4], ma suo figlio, che s’era chiamato fino ad allora Lorenzo Montani [5], poté assumere il nome degli Sforza-Cesarini ed entrare in possesso del patrimonio e dei titoli che l’ultimo duca aveva lasciati alla sorella Anna sposata a Don Marino Torlonia.
Il duca Lorenzo Sforza-Cesarini-Conti, già Montani, come liberale, dovette fuggire da Roma, e in compenso fu fatto senatore del regno nel 1861. Morì nel 1866 senza aver potuto vedere Roma Capitale d’Italia.

Nel 1732 il duca Giuseppe Sforza-Cesarini divenuto "per forza di primogenitura" proprietario di due distaccati corpi di fabbrica, presso la torre del Burcardo, costruì sull’area scoperta un teatro (l'Argentina) per "dare qualche riparo alli grandissimi discapiti e pregiudizi cagionati alla sua casa dalli suoi antenati e affine d’andar procurando il miglior modo di migliorare lo stato con l'aumento delle rendite".

Concorse alla spesa il regnante pontefice Clemente XII (Lorenzo Corsini - 1730-1740) che fece erogare 20.000 scudi romani dal "Monte San Paolo delle Religioni" ed il lavoro, diretto dal marchese Girolamo Theodoli, architetto per l’occasione, riuscì bene, specialmente per la curva data alla loggia, curva che è considerata un modello del genere.
Inaugurato il teatro [6] "alle arti di Melpomene, Euterpe e Tersicore" la sera del 13 gennaio del 1732, con l’opera "Berenice", di musicista oggi ignoto [A], seguitò  quasi sempre con l’opera seria.

Dice una monografia: "il teatro si onorava con gli arazzi degli ebrei che l'appaltatore dei servizi teneva in consegna; ardeva sul palcoscenico qualche cocciolo (nelle serate di gala il programma diceva: "il teatro sarà illuminato a giorno") per rendere più... brillante l’illuminazione; le dame del patriziato comparivano in tutto lo splendore delle loro acconciature, coperte di piume e diamanti, con nèi che spiccavano sui visi bianchi".

La sera del 21 febbraio del 1816 [7] vi fu dato, con esito disastroso "il barbiere di Siviglia" di Rossini. Disastro che, il giorno seguente, si trasformò in delirante successo, tanto che gli spettatori, al termine della rappresentazione, andarono a urlare il loro entusiasmo sotto le finestre della casa del Maestro, che allora abitava al vicolo Leutari, costringendolo a recarsi in teatro per raccogliere altre messe di applausi [8].

Il teatro funzionò per la stagione lirica invernale fino al 1927, quando il Costanzi fu trasformato in Teatro Reale dell’Opera.

Oggi, per la costruzione del largo Argentina e per quella del corso Vittorio Emanuele, la topografia è completamente cambiata e la via di Torre Argentina si inizia dopo la traversata del detto corso e termina in piazza Santa Chiara.

È fiancheggiata sulla sinistra dall’oratorio dei santi Benedetto e Scolastica dei Norcini, detto pure della Ciambella. Officiato dalla Confraternita dei Norcini dal 1615. Fu restaurato nel 1841.

Segue il palazzo costruito dai Vittori e pervenuto attraverso gli anni ai Sinibaldi. La strada che, come detto, s’arresta oggi a piazza Santa Chiara, terminava prima a via del Pantheon.

_________________________

[1] )            In quel tempo era indicata: "Via versus domum de Caesarinis”.

[2] )            I suoi diari cominciarono col dicembre 1483 e finirono col maggio 1506. È però dal 1494 che assunsero un carattere storico. L’arcivescovo fu nominato da Pio III (Francesco Nanni Todeschini Piccolomini - 1503-1503), e Giulio II (Giuliano Della Rovere - 1503-1513) lo confermò vescovo di Orta, morì il 15 maggio 1506.

[3] )            Vedi “Via di San Niccolò Cesarini” (Pigna).

[4] )            Il feudo di Poli, che era stato dato, nel 1204, da Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni - 1198-1216) a Riccardo Conti (+1226).

[5] )            Era figlio illegittimo di Geltrude Conti, moglie del duca Sforza-Cesarini, da essa avuto nel 1807 clandestinamente, da un suo amante russo. Morto il duca e poi il figlio Salvatore, questi lasciò erede il primogenito della sorella Anna, sposa a don Marino Torlonia, ma il principe di Piombino don Luigi Boncompagni, in odio ai Torlonia sostenne a sue spese un processo per il riconoscimento di Lorenzo Montani che, in seconda istanza, vinse la causa. Così Lorenzo, che nel 1807 aveva iniziato la sua vita fra i trovatelli di Santo Spirito e che, tolto di là, era stato affidato ad una donna, che l’aveva allevato con una pensioncina versatale dalla madre, finì la sua vita nel 1866, senatore del Regno. (Silvagni: “La Corte e la Nobiltà romana”, vol. III, 1884).

[6] )            Prima  importante  trasformazione  di  Camporesi  nel 1837 ; altri miglioramenti nel 1859-61 da Carlo Nicola Carnevali (1811-1885); nel 1888 da Gioacchino Hersock (1815-1902). La facciata fu rifatta, nel 1826, da Pietro Holl (1780-1850).

[7] )            Un’altra opera di Rossini fu fischiata a Roma nel carnevale del 1821.

[8] )           Opere di Rossini a Roma – Alla fine di quello stesso anno (1816) il maestro tornò in Roma per allestire al teatro Valle la sua "Cenerentola".
Rappresentata il 25 gennaio 1817, ebbe la stessa sorte del Barbiere; accolta male, fu invece, successivamente entusiasticamente applaudita. Un’altra opera di Rossini caduta a Roma fu la "Matilde di Schabran", data al Teatro Apollo durante il carnevale del 1821.
Traccia del fiasco riportato dal maestro è questo sonetto satirico che fu fatto circolare, in bella stampa, per Roma.:

Quei che l’Euterpe pretendeva un giorno
Sopir virtude con novel sistema,
Offrì ad Apollo, per fatal suo scorno,
Musical opera che “Matilde” ha il tema
 Superbo ei si credea di far ritorno
Tra faci risplendendogli il diadema,
Accompagnato fino al suo soggiorno
Dai partitanti e dalla turba scema.
Ma, appena intese i suoi deliri il Nume,
Tosto lo discacciò dal suo cospetto
E a casa fé ritorno senza lume
Così a Rossini si portò il rispetto
Da chi l’intese per il buon costume
Per convenienza e per il “cavalletto”.

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Via di Torre Argentina

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