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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via Marmorata (R. XII - Ripa; Testaccio)  (da piazzale dell’Emporio a piazzale Ostiense)

L’antica via Marmorata iniziava parallela al fiume Tevere ed era la continuazione di “via della Salara Vecchia” (divenuta via di Santa Maria in Cosmedin attuale) che proveniva direttamente da piazza della Bocca della Verità. Fu anche detta dei “sette vespilloni[1].

L' Emporium (poi Marmorata) dovuto a M. Lepido e a M. Emilio Paolo [2] era fuori della porta Trigemina e prossimo al mercato.
Diventò, per loro merito, un porto che occupava la riva fra l’Aventino e il Testaccio ed era, per tre lati, chiuso da portici [3] e nella parte libera, con una  grande gradinata, costruita dall’edile Barronio Balbo, che scendeva al Tevere.

Dopo l’“Emporium” si trovava l’ “Ansarium” (ufficio doganale) e gli uffici della “Satio Annone” e gli “Horrea”.

Quando l’imperatore Claudio (41-54) costruì il porto di Ostia, quello fluviale fu usato per i marmi, che venivano qui scaricati e depositati, anche in attesa del compratore.
Ed è certo che la quantità di essi, utilizzata e immagazzinata, servì a sufficienza l’arte cristiana fino a tutto il Rinascimento [4].
Si chiamò Marmorata [5] dalla quantità di marmi che vi si trovavano, essendo il sito proprio quello in cui venivano scaricati ed ancora: “questo loco si chiama la marmorata, perché vi si scaricavano diverse pietre di mischio e di marmo, i quali si trovano al ponte d'Ostia" (R. Lanciani - Storia degli scavi di Roma - 1907).
La sponda dell’Emporium, nel medioevo apparteneva alla “Regio Horrea” ed il gruppo delle chiese che vi era ubicato è completamente scomparso, come per esempio S. Lorenzo de Marmorata; S. Nicolò de marmoratis; S. Giovanni in Horrea; S. Jacobus in Orreis; S. Gregorio de Marmorata ecc. ecc..

Il trasporto dei marmi continuò sempre fino al 1637 quando un bando del 13 marzo ordinava "che non si scarichino più marmi né altra sorte di pietra a Ripa, ma nel prato e sito fuori porta Portese, vicino alla ripa del fiume".
Ma nel 1822 è detto “che i massi di marmo, si grezzi che lavorati, si dovessero sbarcare  ed  imbarcare  nel  luogo  detto  la  Marmorata,  come  era anticamente” [6].
Ed ancora, alla metà del XVIIII secolo, “alla Marmorata tutt'ora vedete un deposito considerevole di marmi stranieri, che un tempo risalendo il Tevere qui si depositavano”.
Continuarono ancora gli scavi, tanto che solo nel 1883 fu completamente sgomberato l’Emporio. [7]

Prossimi alla porta Trigemina, della cinta serviana, si trovavano i magazzini del sale [8], che davano il nome alla via della Salara Vecchia [9], scomparsa pochi anni fa per la sistemazione della “via del Mare” fatta da Mussolini.

Un ponte detto di Probo doveva unire la “Marmorata” con parte degli orti sui quali sorse poi l’ospizio di San Michele. Si sa soltanto che fu restaurato dall’imperatore Teodosio (379-95) e da allora chiamato “in Ripa Romaea

Un altro ponte in legno, ideato ed attuato a proprie spese (contro pedaggio) dall’architetto idraulico Pompeo Targone (1606?), da Ripa grande a Marmorata, fu travolto da una piena ed all’autore "dicono che gli fosse di danno di più di 18.000 scudi e fu la sua rovina”.

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[1] )            I Vespilloni erano quelli che precedevano le confraternite nell’accompagnamento dei morti: avevano calzari corti, calze, scarpe con fibbie, ferraiuolo (mantello), feluca e lungo bastone (tutto nero). Dal latino “Vespillo-onis=becchino”.

[2] )            Fino ad allora (174 a.C.) era rimasta una semplice piazza, fruiva di una banchina di scarico ed i due censori: extra portam Trigeminam Emporium lapide straverunt, stipitibusque sepserunt: et porticum Aemiliam reficiendam curaverunt: gradibusque ascensum ab Tiberi in Emporium fecerunt (Livio).

[3] )            I portici servivano di limite agli “horrea Galbana”.

[4] )            Fino al primo quarto del XVIII sec. sono stati trovati marmi non lavorati con le indicazioni de’ pezzi che dalla Grecia e dall’Asia erano stati spediti, il nome di chi spediva, il giorno della loro partenza e il nome dei Consoli per saperne l’arrivo.

[5] )        Il nome “Marmorata” è citato, per la prima volta nel 1271, durante la Sede Vacante per la morte di Clemente IV (Guy Foucois - 1265-1268). Per due anni la famiglia Mattei, “Custode e Supremo Comandante Perpetuo delle Guardie de’ Porti e Ponti Quattro capi ambedue, S. Maria e Marmorata”, presidiò i ponti e i porti, tra cui quello della Marmorata, fino all’elezione di Gregorio X (Tebaldo Visconti - 1271-1276)). La sorveglianza era affidata alle “guardie ripali” che, per il colore della loro uniforme, erano detti “guardie rosse”. La sorveglianza, durante la Sede Vacante fu abolita da Pio VI (Giovanni Angelo Braschi - 1775-1799) nel 1775.

[6] )        Il ripristino dello scarico di Marmi al porto della Marmorata si ebbe, probabilmente, per l’incendio della basilica di San Paolo (15 e 16 luglio 1823) che distrusse la basilica e che creò un bisogno immediato di marmi per la ricostruzione della stessa.

[7] )            Nell’isolato fra le vie Florio, Branca e Rubattino restano pochi avanzi del Porticus Aemiliana (Emporio). L’edificio era orientato verso nord-est e misurava metri 478 di lunghezza, metri 60 di larghezza. L’edificio a forma di grande capannone era intramezzato da 294 pilastri disposti su 7 file longitudinali e 50 trasversali. Le navate larghe metri 8,30, cinquanta stanze nei due lati lunghi terminali, erano ricavate con tanti tramezzi in corrispondenza dei pilastri. I due estremi del portico sono venuti in luce nella costruzione di via Marmorata e di via Franklin.  Una strada, distaccata dall’Ostiense all’altezza dell’arco di S. Lazzaro (ancora esistente), divideva il portico dagli horrea Galbana costruiti da Sulpicio Galba non oltre la metà del 1° secolo a.C. e restaurato dagli imperatori Galba e Adriano. Horrea Aniciana sotto la villa dei Cavalieri di Malta, Horrea Lolliana, Horrea Seiana, Forum Pistorium, Porticus Fabaria per la vendita delle fave, erano tutti edifici in prossimità dei Galbona. Anche un piccolo santuario il “Lucus Stimulae” nei pressi del bastione del Priorato, era dedicato a Stimula (Semele) protettrice dell’uva e delle leccornie. Nel 186 a.C. fu conosciuta per lo scandalo dei Baccanali raccontata da Livio nel XXXIX 12/13. La via suddetta, che divideva il portico Emilio dai magazzini di Galba, Lollio e Seio, attraversava tutta la pianura, fin sotto le mura di Aureliano, girava poi ad ovest verso il Monte Testaccio.

[8] )            Il sale veniva distribuito anche come focatico (Imposta diretta che gravava su ciascuna famiglia, o fuoco. Essa solitamente non variava né in ragione del numero dei componenti la famiglia né in ragione del reddito. Poteva essere sostituita con la quantità di sale che ogni famiglia doveva acquistare dalla gabella.): “1659 luglio 2 – Decreto del tesoriere generale, col quale si rinnova il divieto alle comunità che prelevano il sale nella salina di Roma, il venderlo o imprestarlo, essendo obbligate a distribuirlo per focatico alle popolazioni" (Archivio di Stato, bandi Vol.23).

[9] )        Il sale, che era prodotto essenzialmente ad Ostia ed a Corneto (Tarquinia), veniva trasportato a bordo di speciali imbarcazioni, chiamate “salette”, che per rimontare il fiume avevano la priorità nel tiro dei bufali. Un mulino galleggiante, che aveva l’esclusivo compito di frantumare il sale, era ancorato vicino alla Salara.

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Via Marmorata angolo Via Aldo Manunzio - Edicola della Madonna di Pompei - Giubileo 1900

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Via Marmorata angolo Via Amerigo Vespucci - Edicola di S. Maria Liberatrice - 1933

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