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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza e via Montanara (R. X Campitelli - R. XI S. Angelo) (piazza scomparsa)

Oggi assorbita dalla via del Teatro Marcello, già via del Mare nell’era fascista, era parte dei rioni X - XI e XII e cioè Campitelli, Sant'Angelo e Ripa.

Scrisse di lei Alessandro Rufini (1847):
"Vene così chiamata questa piazza dal radunarsi che fanno di continuo i contadini, e montanari che formano il mercato dei braccianti campestri a requisizione dei proprietari”. “
Tale piazza, essendo vicina al Campidoglio, da questa parte tentarono i Galli da entrarvi furtivamente di notte tempo, ma il loro disegno fu deluso dal gracidare delle anitre che si conservavano dentro la rocca, le quali destarono li soldati romani addormentati che, fortunatamente, giunsero in tempo da impedire ad essi l'ingresso facendone pagare loro ben caro il fio" (391 a.C.).
"Nel mezzo della suddetta piazza scorgesi una fontana restaurata nell'anno 1696"[1].

Dietro il teatro di Marcello stava l'osteria dove V. Goethe conobbe ed amò la Faustina dell’"Elegie romane". Personaggio non ideale ma reale, essendone stato trovato sia l'atto di battesimo, effettuato nella chiesa di San Nicola in Carcere e quello di matrimonio nella stessa Chiesa, il primo il 25 marzo 1764, il secondo il 21 febbraio 1784. Faustina era figlia degli osti Agostino e Giulia Carrucci, e conobbe Goethe nel 1786 quando era già vedova.

Con l'abbattimento degli edifici della zona, per la costruzione della via del Mare, scomparsa con la bottega anche la lapide che il re Luigi II di Baviera (1825-48) aveva fatto murare nel locale: "In diese osteria phlegte – Goethe sich zu begeben – Waerend seiner aufenthalt – in Rom in der Iahren 1786-87-88”.

Luigi di Wittelsbach  fu a Roma nel 1805 e poi fra il 1820 e il 25[2] frequentando e facendo la vita dei pittori e degli scultori che erano allora a Roma. Abitava la villa delle Rose a Capo le Case e frequentava con gli amici l'osteria del Baiocco in piazza Barberini[3], dove il suo posto era segnato da un baiocco falso inchiodato sulla tavola. Era pure assiduo a Ripa Grande nell'osteria d'Anglada[4] e prese parte alle feste di Cervara e decorato dell'ordine del Baiocco. Fu innamoratissimo della marchesa Florena, conosciuta in casa Torlonia, e la fece emigrare in Baviera quando ritornò colà.

Di lei scrisse:

"Roma in Roma non è se non è teco
Amor, che sempre è teco;
É Roma in Roma allor che tu sei meco” (traduzione Ghinassi)

In Roma tornò da re nel 1842


[1] )            Ora collocata nel parco di Santa Sabina (già Lazzaretto).

[2] )            La mattina della sua ascensione al trono l’ebbe all'albergo Londra a Piazza di Spagna, ed i suoi amici del Caffè Greco gli improvvisarono una luminaria con viva e battimano (1873).
Il caffè greco ha pericolato nel 1953, ma è stato salvato dal Ministero della Pubblica Istruzione. Ha avuto così ragione Diego Angeli che scrisse di lui: "Il Caffè Greco non può morire... le generazioni possono seguirsi senza tregua, i vecchi frequentatori allontanarsi e morire. Le rivoluzioni abatttere i regni e creare nuovi Stati. Ma ci sarà sempre il poeta bizzarro, l'artista fuorilegge, il filosofo trascendentale che, capitando a Roma da una delle quattro parti del mondo, senza conoscenze, senza casa, senza quattrini, finirà col fermarsi nel vecchio caffè Romano, così come alle sue origini vi era entrato Giacomo Casanova, così come alla fine dei secoli vi entrerà l'ultimo spirito avventuriero o avventuroso dell'arte e della vita. Solo Felix Mendelsshon Bartholdy Felice (1809-47) dopo la sua visita a Roma nel 1830, ebbe a scrivere del Caffè Greco: "Si tratta di una buia taverna frequentata da tipi torvi, gente orribile. Io non ci metterei mai più piede". Evidentemente il musicista giudicava spiriti torvi i Goethe, Wlter Scott, Washington, Irving, Leopardi, ecc. ecc. Al caffè, del quale accenna Casanova nel 1740, fece seguito nel 1760 il vero fondatore il levantino Nicolò di Maddalena. La consumazione tipica di quei tempi, era dagli artisti identificata nell'espressione "fuoco di padella ed acqua di cannella" e cioè il "focone" della padella riscaldatrice per accendere le pipe degli sfaccendati avventori e la cannella della fontanella, che butta sempre in una delle prime salette. In un fatidico martedì, il 14 gennaio 1919 fu, nel locale, istituito il "Circolo dei Caffè delle Grecisti". Circolo che ebbe poi, la sera del 19 novembre del 1924, nell'aula magna della Trattoria del Pastarellaro, in Trastevere, quella legge presentata dal Ministro della Pubblica Istruzione Casati, di concerto con il Ministro delle Finanze Alberto de’ Stefani che stabiliva in tre soli articoli: 1) Viene fondata in Roma l'Università Liberissima del Caffè Greco; 2) In questa Università non ci sono né studenti e docenti, tutti sono autodidatti; 3) Rettore Magnifico a vita, senza emolumenti, è nominato il professor Umberto Ricci. Ai martedì intervenivano Prezzolini, De Stefani, Luigi Einaudi, Riccardo Bacchi, Arrigo Salmi, Alberto Asquini, Cesare Longobardi, Giorgio Del Vecchio, A.C. Jemolo, Bresciani Turroni, Riccobono, Giovanni Borelli, Giulio Bertoni, Benedetto Croce, Charles Poletti, Gioacchino Volpe, Pietro Bonfante, Fausto Staderini, Guido de Ruggiero, Gaetano Mosca, Giuseppe Ugo Papi, Balbino Giuliano, Pier Silverio Leicht, Alfredo Niceforo ed altri. Anche oggi 1958, questa atmosfera di "scapigliatura" è data al tradizionale caffè degli artisti del "martedì degli economisti". Ne fanno fede i signori Eugenio Anzilotti, Carlo Di Nola, Luigi Ferraris, Umberto Preti, Guido Re Riccardo e Mario Viana.

[3] )            L'Osteria del Baiocco, quadro a olio di Ditlev Blunk a Copenaghen.

[4] )            Quadro ad olio della pittrice Henry Latil (1808-1879).

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